New York, 1973: un produttore discografico intraprendente e cocainomane, Richie Finestra (Bobby Cannavale), è disposto a tutto pur di salvare la sua etichetta, l’American Century Records. Dietro la – bella – serie tv Vinyl, prodotta da HBO, c’è una coppia che più rock non si può: Martin Scorsese, regista del magnifico pilot, e Mick Jagger, il frontman dei Rolling Stones. Mick ci ha messo pure un figlio, James, già leader dei britannici Turbogeist, che interpretare Kip Stevens, il frontman dei Nasty Bits, la punk band che dovrebbe salvare l’American Century.

Tra New York Dolls e Led Zeppelin, Vinyl canta il rock, stana i sopraggiungenti punk, disco e hip-hop, ritrae il taylorismo disinibito, trasgressivo e drogato dell’industria discografica. Il 1973 non è data qualsiasi: Scorsese vi licenziò Mean Streets, sottotitolo italiano Domenica in chiesa, lunedì all’inferno. Ecco, Vinyl è il sabato al concerto, e Martin nella sua lunga carriera cine-musicale non se n’è perso uno, con un occhio di riguardo per i “suoi” Stones. Mick Jagger ci ha perfino ironizzato: “Shine a Light è l’unico film in cui Scorsese non abbia utilizzato Gimme Shelter”, e Shine a Light è proprio il rockumentary dedicato agli Stones da Martin. Già supervisor, montatore e assistente alla regia - con la sodale Thelma Schoonmaker - al celeberrimo Woodstock: tre giorni di pace, amore, e musica (1970), a riff e ugole Scorsese ha dedicato anche quattro documentari: L’ultimo valzer (1978), The Blues: dal Mali al Mississippi (2003), No Direction Home: Bob Dylan (2005) e George Harrison: Living in the Material World (2011).

In attesa, forse vana, di poter dare fiato cinematografico a The Voice, il biopic di Frank Sinatra (Leo Di Caprio?), Scorsese per ora fa Silence, ma la sua anima rock, tendenza punk, siamo certi non si esaurirà: “This film should be played loud!”, apriva (cartello) The Waltz, uno dei concert movie migliori di sempre, ed è indicazione valida per tutto il corpus scorsesiano. Per quell’ultimo concerto di The Band, il 25 novembre 1976 al Winterland Ballroom di San Francisco, al gruppo di Robbie Robertson si unirono, tra gli altri, Eric Clapton, Neil Diamond, Joni Mitchell, Van Morrison, Ringo Starr, Muddy Waters, Ronnie Wood, Neil Young. E Bob Dylan.

Dopo gli Stones, è il menestrello di Duluth il compagno sonoro di Martin. In No Direction si concentra sugli esordi di Dylan: dall’arrivo a NY nel 1961 al temporaneo ritiro di cinque anni più tardi, da folksinger acustico a rockstar elettrica, per intermezza – adesione alla – protesta. Messo in piedi su input del manager di Dylan Jeff Rosen, il rockumentyary passa in rassegna i tempi dell’high school, il provino per Andy Warhol del 1965 e il concerto di Manchester del 17 maggio ’66, quando un fan gridò in faccia a Dylan e The Hawks “Judas”, poco prima che eseguissero Like a Rolling Stone, da cui viene il titolo No Direction Home.

Soprattutto, Scorsese appoggia il proprio genio ribelle a quello di Dylan, cogliendone “il folle volo” da voce di una generazione a Mr. Tambourine Man post-ideologico. In fondo, il menestrello al cinema è solo qui, con e per Scorsese, altrimenti è I’m Not There (2007) di Todd Haynes. Non c’è lui, perché non si tratta di un biopic musicale, e non ci sono le canzoni più note, eccetto Like a Rolling Stone confinata a ridosso dei titoli di coda, addossata al primissimo piano del vero Bob Dylan con armonica a bocca, l’unico del film.

Haynes di non-Dylan ne mette in scena sei: Woody (Guthrie), afroamericano con chitarra, on the road su carri bestiame; il contestatore Arthur (Rimbaud), con il volto di Ben Whishaw; Jack (Rollins), interpretato da Christian Bale, che ha lasciato il palco per l’altare; Robbie (Heath Ledger), anni ’70, denaro, successo e una moglie lasciata a se stessa; Jude, la folgorante, metamorfica Cate Blanchett, in bianco e nero psichedelico; Richard Gere alias Billy (the Kid) nella città di Enigma, fantasmagorica polis minacciata dall’autostrada della modernità. Sei personaggi in cerca d’autore, che fu attore – e che attore! - in Pat Garrett e Billy Kid di Sam Peckinpah. Correva l’anno 1973, e le Mean Streets scorsesiane avrebbero trovato 32 anni dopo No Direction Home.