“Non condividevo gli argomenti, ma capisco che il bambino che morde il cane fa più notizia che non il contrario. Anche sui giudizi dei film, i miei non corrispondevano ai vostri, ma capita”. Il presidente del Festival di Roma Gian Luigi Rondi mostra “comprensione” verso i colleghi giornalisti, ma i complimenti vanno ai suoi collaboratori sul palco dell'Auditorium: il direttore del Mercato Roberto Cicutto, il direttore generale Francesca Via e “il mio prediletto direttore artistico” – a cui però invidia la possibilità di “spaziare in tutto il cinema, tra presente e passato, che io non avevo” - Piera Detassis, che “hanno fatto tutti il meglio che si poteva fare”.
Tra i numeri della quinta edizione, 8.598 accreditati (7.720 nel 2009), 118.000 biglietti emessi (102.000 l'anno scorso) per un incasso lordo di 460mila euro (380mila), il 92% di occupazione media delle sale e il + 11% di presenze al Mercato per confermare, complice l'accoglienza della protesta dei 100autori, “Roma capitale del cinema italiano”, come rivendica la Detassis. Secondo la quale, la proiezione di prodotti televisivi quali Carlos di Assayas, il pilot di Scorsese della serie Boardwlak Empire e Le cose che restano di Tavarelli “rimangono casi isolati di interazione tra fiction e cinema, dettati dal mio gusto appassionato e personale per gli “sconfinamenti di senso”, confluenze e contaminazioni, dettati dalla superiorità di serial americani quali Mad Men, Six Feet Under e Lost”. Ovvero, la loro presenza non si riallaccia alla possibilità paventata dall'assessore capitolino alla Cultura Croppi di “fondere” Fondazione Cinema per Roma e Fondazione Rossellini, ovvero Festival del Film di Roma e Roma Fiction Fest: “Ho avuto questa notizia dopo la selezione, e mi ha inquietato”, risponde la Detassis, mentre Rondi parla di “coordinamento organizzativo” prospettato da Croppi, “ma con due festival distinti per Fiction e Cinema”.
Sul problema identità della kermesse capitolina, la Detassis puntualizza: “Credo la formula del Festival di Toronto possa essere più vicina a Roma: qui c'è un'assenza di vecchie identità, è una sorta di festival-campus”. E sull'opportunità di mantenere o meno il concorso, conclude: “E' importante, perché attira film e  autori. Qui è più difficile rispetto alla tradizione di Venezia, ma è una carta da giocare”, aggiungendo, d'accordo con Rondoni e Cicutto, come sia “fantascientifico pensare a una sede diversa dall'Auditorium”. Da ultimo, per bocca di Rondi, il Festival comunica che la frase attribuita al ministro dell'Economia Tremonti “La cultura non si mangia”, contenuta nel trailer del movimento “Tutti a casa” che precede le proiezioni ufficiali del Festival, era stata rettificata da Tremonti stesso, perché da lui non letteralmente pronunciata.