(Cinematografo.it/Adnkronos) - "Il mio non è certo un film assolutorio. Quello che fa Vallanzasca è fin troppo chiaro: ammazza poliziotti, scanna il suo amico più caro in carcere. Se uno vede una glorificazione non ha capito. E' un criminale fino in fondo ma un criminale con una sua etica del male". Con il Vallanzasca di Michele Placido alla Mostra del Cinema di Venezia sbarca fuori concorso anche la prima vera polemica di questa edizione.
Il regista porta al Lido una pellicola che racconta la vita, i crimini, gli arresti, le fughe rocambolesche del bandito più famoso del dopoguerra italiano, in un racconto che è anche un affresco della Milano degli anni '70 con efferati scontri tra le bande della mala. Il film stamattina ha ricevuto dalle colonne del Corriere della Sera l'accusa dai parenti delle vittime del bandito di aver trasformato un criminale in eroe, ma Placido non ci sta. "Non abbiamo affatto raccontato un eroe. Abbiamo raccontato un criminale senza se e senza ma", dice il regista che però riconosce a Vallanzasca una sua "etica criminale": "Lui non ha mai tradito i suoi principi: non ammazzava a sangue freddo, non faceva saltare in aria innocenti come hanno fatto la mafia o i terroristi. Il criminale e' quello che affronta le sue responsabilità. Lui ha mantenuto una sua etica comportamentale, una sua coerenza nel male fino alla fine. E infatti sta scontando il suo ergastolo mentre tanti terroristi e mafiosi che si sono macchiati di stragi di gente inerme sono in liberta. Vallanzasca invece è ancora in carcere e in un certo senso ha pagato per tutti".
Quanto al fascino del personaggio, Placido sottolinea che "e' innegabile": "Ma forse - aggiunge - una certa critica non ama gli attori belli. L'emblema di Vallanzasca è che era bello ed era allo stesso tempo un angelo del male. E questo spiazza molti. Il suo fascino e la sua notorietà si devono proprio a questo. Forse l'Italia ama il clichè del cattivo brutto, la visione lombrosiana del male. Grazie a Dio questo e' un film prodotto dagli americani, non l'hanno voluto produrre né la Rai né Medusa. E' un film che andrà all'estero, con buona pace di chi non ama questo personaggio, che e' scomodo fino in fondo. In questo senso, Renato fa il suo dovere".
Nel ruolo del bel Renè c'è Kim Rossi Stuart, che non vuole entrare nel merito della polemica anche perché, ammette, vedrà il finito solo qui a Venezia: "Io ho visto solo un premontato quindi non azzardo giudizi. Posso dire però quello che c'era nelle intenzioni del film: pensavamo fosse giusto mettere il protagonista sulla graticola e far emergere il bene e il male. E speriamo di esserci riusciti".
Ho accolto con entusiasmo l'offerta di dirigere un film su Vallanzasca anche se sapevo che non sarebbe stata un'impresa facile, ma avevo un'idea precisa che ha preso forma quando ho cominciato a pensare a Kim Rossi Stuart nel ruolo del protagonista. Non mi interessava entrare nel merito della vicenda: quello che trovavo stimolante da un punto di vista artistico e creativo era entrare nella mente di un criminale per capire, con un approccio asettico, che cosa si prova a stare in bilico fra la normalità e la devianza e a scegliere deliberatamente il male".
Placido ammette di aver affrontato nella lavorazione del film "un viaggio faticoso e anche doloroso ma pieno di slanci umani e forti emozioni, grazie soprattutto agli attori che si sono calati nei loro personaggi con grande coraggio e umiltà", sottolinea il regista. Nel cast, a fianco di Kim Rossi Stuart, recitano nei panni dei componenti della banda Vallanzasca anche Filippo Timi e Moritz Bleibtreu, mentre Francesco Scianna è Francis Turatello, Valeria Solarino Consuelo, compagna del bandito fino al suo primo arresto e madre di suo figlio, e Paz Vega Antonella, amica d'infanzia del bel Renè, che ritrova dopo l'ennenisima evasione e che sposerà.