Seguire le rigide (e folli) regole di un imam che ti conduce verso la radicalizzazione o essere libero di vivere senza doversi sentire incolpa di dare la mano a una donna o di non praticare la preghiera proprio nell'ora esatta?

Il destino di Ahmed, anzi di Le Jeune Ahmed (questo il titolo originale, nella versione italiana L'età giovane), è al bivio tra gli ideali di purezza professati dal suo imam e i richiami alla vita.

Presentato ad Alice nella città, il film dei fratelli Dardenne ha vinto il premio miglior regia allo scorso festival di Cannes e uscirà in sala il 31 ottobre distribuito da Bim.

"Non abbiamo scelto di trattare il tema della radicalizzazione, ma ci siamo interessati ad osservare un giovane personaggio e a capire come possa deradicalizzarsi. Il motore di questa storia sono stati gli attentati in Belgio, Tunisia e Marocco", dicono i due registi belgi.

Gran parte della storia è infatti ambientata in un centro dove vari operatori del settore dalla psicologa all'assistente sociale fino al giudice fanno di tutto per aiutare questo ragazzo. Ma al di fuori c'è anche la mamma e la sua maestra che cercano in ogni modo di rinsavirlo dai dettami estremisti praticati dall'imam che lui segue.

"Lui è circondato da persone che  cercano di scalfire e ad entrare in comunicazione con il suo nocciolo duro e misterioso. Eppure lui resiste. Malgrado l'atteggiamento benevolo e accogliente da parte di tutti quelli che lo circondano- spiegano-. Ha una famiglia che considera impura perché tale la considera l'imam: un fratello che preferisce andare a giocare a calcio piuttosto che pregare e una madre che ogni tanto beve e questo per la sua religione è impensabile. Ha fatto questa scelta senza un motivo apparente. Una scelta che però deriva da ragioni profonde. Di fatto è un ragazzo pronto ad uccidere la sua professoressa in nome dei suoi convincimenti religiosi".

Dietro c'è stato da parte dei fratelli Dardenne un grande lavoro di ricerca sui metodi con i quali si cerca di dericalizzare i giovani. Siete ottimisti su questa possibilità o no?

"Non possiamo dare una risposta a questa domanda perché sarebbe pretenzioso e arrogante da parte nostra. Ci sono professionisti che fanno questo lavoro e che potrebbero rispondere su questo argomento".

Protagonista assoluto del film è appunto il giovane Ahmed interpretato da Idir Ben Addi. "All'inizio avevamo ipotizzato di dare la parte a uno più grande, ma poi abbiamo scelto un ragazzino tra l'infanzia e l'adolescenza proprio per farlo muovere verso la deradicalizzazione. Lo abbiamo selezionato dopo aver visto più o meno 120-150ragazzini. Ci è sembrato la persona più giusta in grado di portare sulle sue spalle il personaggio di Ahmed: aveva talento, senso del ritmo, un volto e un corpo di un ragazzino che non ha le stigmate della violenza, al contrario sembra un piccolo intellettuale".

La storia è comunque quella di una serie di tentativi infruttuosi compiuti da vari personaggi per dissuadere il giovane fanatico Ahmed. La società belga davvero è così accogliente e poco respingente verso queste situazioni?

"Il cinema non è la realtà. E lo spettatore si posiziona in qualche modo a metà strada, guardando la società attraverso un film. Tutto ruota intorno al quesito: esiste la possibilità di uscire dalla radicalizzazione o no? L'adolescenza è una fascia d'età che sta nel mezzo tra purezza e impurezza". 

Persino Youssouf, l'imam della moschea integralista, il seduttore che ha captato l'energia degli ideali adolescenziali per canalizzarla e metterla al servizio della purezza e dell'odio nei confronti dell'impurità, persino lui, il precettore, rimane sorpreso dalla determinazione del suo discepolo.

Ma quanto è importante il ruolo di questi imam che talvolta sono dei cattivi maestri. 

"In Belgio ci sono molti di questi imam che vengono dall'Arabia Saudita e hanno una posizione estremista nell'interpretazione del Corano e cercano di trasmetterla ai ragazzi. Alcuni dicono che la società occidentale è l'Inferno. Un mio amico per esempio ha dovuto ritirare suo figlio di dieci anni dal corso di lingua araba in Moschea. Va detto che c'è anche una presa di coscienza da parte di imam non radicali e molti di questi in Belgio si esprimono in modo chiaro contro il fanatismo".