"E' un fatto che mi emoziona e che mi commuove, prima ancora che onorarmi". Marco Bellocchio non nasconde la soddisfazione con cui riceve oggi il Leone d'Oro alla carriera della 68° Mostra del Cinema di Venezia: "Sarei un pazzo, più che un imbecille, prima che ingrato a non riconoscere l'importanza di questo riconoscimento", dice il regista piacentino, che riceverà il Leone nella Sala Grande del Palazzo del Cinema dalle mani del collega Bernardo Bertolucci, omaggiato quest'anno al festival di Cannes con la Palma d'Oro alla carriera: "Con Bernardo abbiamo iniziato praticamente insieme, ci siamo incrociati al Centro Sperimentale, avevamo amicizie comuni, da Laura Betti a Moravia e Pasolini, abbiamo affrontato un percorso diverso però e non nascondo che in quegli anni ci fu una vera rivalità, anche invidia da parte mia per i successi che lui riusciva ad ottenere nel mondo. Oggi però lo sento misteriosamente vicino e ricevere il premio da lui, come detto, mi commuove prima che onorarmi".
In occasione della premiazione veneziana viene proiettata in Sala Grande la nuova versione di Nel nome del padre (realizzata grazie al contributo di Cinecittà Luce), film del '72 che Bellocchio ha rimontato, eliminando 15' rispetto alla pellicola originale: "Erano ormai quarant'anni che pensavo a questa cosa, alla possibilità di rimettere mano al film perché mi sembrava che potesse essere rielaborato e anche accorciato", racconta il regista. "Questa versione - prosegue Bellocchio - non tradisce il senso dell'originale, non ne modifica i contenuti, però ha un ritmo meno soffocato, meno succube da un punto di vista teorico a tutta una serie di preoccupazioni ideologiche che allora condizionavamo il mio lavoro". Il film torna in qualche modo a Venezia, dove fu presentato nel 1972 all'allora "antifestival" della Mostra organizzato dall'ANAC: "Di quei decenni non è rimasto nulla, non perché il presente abbia tradito il passato. Semplicemente perché allora la politica aveva un peso differente", spiega il regista, che risponde da par suo a chi gli chiede se oggi non è più di sinistra: "Sono cambiato in un certo senso, sono diventato più tollerante. In passato l'avrei mandata a quel paese, oggi non lo faccio".
Riconoscimento a quella che lo stesso Bellocchio considera una carriera "in cui ho cercato di essere sempre fedele alle mie immagini, pur cambiando sempre", il Leone non viene percepito dal cineasta piacentino come sorta  di "risarcimento" per i mancati premi alle sue opere precedenti, come Vincere a Cannes o Buongiorno, notte, in concorso qui al Lido qualche anno fa: "Non penso sia un risarcimento perché il risarcimento implicherebbe che ci sia del risentimento da parte mia, cosa che invece non è. E il fatto di non aver mai vinto ai Festival fa parte di uno scambio: non mi pongo come rivoluzionario, ma non mi piace né il potere, né l'istituzione. E l'istituzione, in un certo senso, mi ripaga con la stessa moneta".