Alla fine, come ampiamente previsto, è Lebanon del regista esordiente israeliano Samuel Maoz ad aggiudicarsi il Leone d'Oro come miglior film della 66. Mostra del Cinema di Venezia. Questo l'ultimo verdetto della giuria presieduta da Ang Lee, di cui fanno parte Sergey Bodrov, Sandrine Bonnaire, Joe Dante, Anurag Kashyap e gli italiani Liliana Cavani e Luciano Ligabue.
"La decisione migliore possibile: eravamo tutti d'accordo, non c'è stata discussione". Così il presidente di Giuria, Ang Lee, ha motivato la decisione di assegnare a Lebanon - film ambientato all'interno di un carroarmato durante il primo giorno della guerra in Libano del 1982 - il premio più importante della Mostra: "Fare questo film è stata una necessità - racconta il regista Samuel Maoz - dovevo trovare il modo di scaricare una responsabilità. E per farlo non potevo realizzare un film politico, ma un'opera che avesse parlato allo stomaco e non alla testa della gente". Operazione che, almeno nelle premesse, ricorda il recente Valzer con Bashir di Ari Folman, Lebanon (acquistato per l'Italia da BIM, come i film di Shirin Neshat e Fatih Akin) porta sullo schermo l'esperienza diretta di Samuel Maoz: "Io ero lì, dentro il carroarmato, racconto quello che è successo. E per farlo non avrei potuto realizzare un film dalla struttura tradizionale: non volevo che il pubblico 'capisse', o si interessasse alla 'trama', quello che volevo era piuttosto che la gente 'sentisse'. Perché in guerra non c'è un buono o un cattivo: la guerra è il cattivo, e gli altri le vittime. E tra le vittime, di tanto in tanto, ci sono anche coloro i quali vengono forzati a prenderne parte: i soldati conoscono la differenza tra bene e male, ma la guerra riesce a trovare una formula atta a giustificare l'orrore, la morte".