Un film sulla menzogna, sull'illusione e sulla verità. Un film omaggio al mestiere dell'attore. E' La vita che vorrei settimo lungometraggio diretto da Giuseppe Piccioni e scartato a sorpresa dalla 61ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Prodotto da Rai Cinema e Lumiere, in collaborazione con la Mikado, per un costo di oltre quattro milioni e mezzo di euro, il film è sceneggiato dallo stesso regista insieme a Gualtiero Rosella e Linda Ferri, e riunisce sul grande schermo, per la terza volta dopo Luce dei miei occhi e Il più bel giorno della mia vita, Luigi Lo Cascio e Sandra Ceccarelli, affiancati da Galatea Ranzi, Roberto Citran, Paolo Sassanelli e Ninni Bruschetta. La vita che vorrei racconta una duplice storia d'amore: quella di due attori, Stefano e Laura, che s'innamorano durante del riprese di un film, e quella dei personaggi da loro interpretati, Federico ed Eleonora, alla cui vicenda fanno da cornice le ottocentesche scenografie di Marco Dentici. Ma l'amore non è che un escamotage al quale Piccioni ricorre per realizzare un'opera in omaggio al mestiere dell'attore: "Dopo sei film era diventata una necessità girarne un settimo che avesse a che fare con la Settima Arte, ma da una prospettiva del tutto nuova" ci spiega il regista.

Piccioni perché proprio un film sugli attori?
Quello che instauro con gli interpreti dei miei film è sempre un rapporto molto intenso. E' la parte centrale del mio lavoro di regista. Da loro ho ricevuto consigli, stimoli e spunti di riflessione che hanno inciso anche sulla mia stessa vita privata.

Con un approccio un po' insolito'
L'approccio è stato quello dell'uomo della strada. Mi sono chiesto: come si fa a piangere? E come ci si cala in una storia d'amore? E' davvero tutta finzione? A queste domande ho cercato di dare una risposta mettendo in relazione la vita privata di Laura e Stefano con il loro lavoro. La loro vita personale s'intreccia a quella di Federico ed Eleonora. Ed è proprio attraverso la finzione che arrivano alla verità su quello che provano l'uno per l'altra.

Perché raccontare il mestiere dell'attore attraverso una, o meglio due, diverse storie d'amore?
Per certi meccanismi che entrano in atto in un mestiere fatto con la faccia, il corpo e le emozioni, nel quale i tempi e i contrattempi dell'amore devono fare i conti con quelle che sono le esigenze della scena. Allora capita di doversi baciare in un momento in cui ci si odia, o ci si deve odiare in un momento in cui ci si vorrebbe invece abbracciare. Il set diventa allora una 'terra di nessuno' dove tutto può accadere che il personaggio interferisca o interagisca con la vita della persona reale.

Come mai ha scelto di lavorare ancora con Lo Cascio e la Ceccarelli?
Vederli insieme, nonostante alcune differenze fisiche evidenti, è una cosa che mi piace. E' strano come funzionino bene insieme. Hanno una strana alchimia dell'immagine.