Si è conclusa ieri la IX edizione del Festival Internazionale di Alba che quest'anno si è avvalso della presenza straordinaria del regista Roger Corman, al quale ha dedicato un'interessante retrospettiva incentrata prettamente sugli adattamenti cinematografici dei racconti di Edgar Allan Poe.
Il premio della giuria SIGNIS è andato al documentario Last Train Home, sorprendente opera prima del regista cino-canadese Lixin Fan. Il viaggio di milioni di cinesi verso casa, possibile solo in occasione del capodanno, si erge a microcosmo dell'endemico problema dello sfruttamento della manodopera. Tra gli altri cinque contendenti in gara, ha convinto Julia's Disappareance, commedia agrodolce sull'invisibilità dell'esserci e sulla crisi di mezza età del regista svizzero Christoph Schaub. La pellicola, campione d'incassi in patria, affronta con garbo e lucidità la linea d'ombra “conradiana” che separa la sconsideratezza della gioventù dalla rassegnazione grottesca della maturità.
Il chiaroscurale Tehroun del regista Nader T. Homayoun, in perenne bilico tra documentazione neorealistica e costruzione narrativa noir, è invece una giostra impazzita di esistenze ciclicamente destinate a perire all'interno di una Teheran fondata unicamente sulla legge del profitto. Di chiara matrice “dardenniana” il britannico Fish Tank della regista Andrea Arnold. Una madre libertina, una sindrome astenica latente e un amore utopico inseriscono la protagonista Mia in una difficile realtà sociale, che risente di una caratterizzazione fin troppo iperbolica. L'empatico Oblivion di Honigmann è invece un documentario realistico sul rapporto tra un passato doloroso e un presente rassegnato degli umili abitanti di Lima, governati da politici nascosti dietro alle loro maschere di retorica. Unica nota (qualitativamente) stonata è stata The House of Branching Love di Mika Kaurismaki, volgare commedia sulla separazione che arranca tra i topoi di una satira sulla prostituzione alquanto mediocre.