“Quando terminerà Game of Thrones (spero di lavorare bene e che vada tutto per il meglio, per ora è così...), ho già sulla tavola alcuni progetti interessanti per partecipare come direttore artistico. Ne ho anche di personali che vorrei mettere in piedi, come il mio nuovo cortometraggio come regista e sceneggiatrice. La cosa certa è che sono ora molto interessata nel poter crescere come attrice. Ho interpretato di recente un lungometraggio chiamato El mate de Morphy, e mi trovo ora al Festival de Cine Europeo de Sevilla, dove siamo in competizione con un film a metà tra finzione e documentario: Sofía, il mio personaggio, è il filo conduttore della storia. Parla dell’Andalusia e della sua memoria, però facendo l’amore con il cinema, la storia, la cultura e l’arte. Si chiama Las llaves de la memoria.”

A parlare Mar García Mejías (http://www.margarcia.es, per poter scoprire tutte le sue tantissime anime e opere), o meglio: “uso firmarmi Mar García, e sono conosciuta nelle varie reti sociali come Mar Ejada. Sono nata a Sevilla (Siviglia, ndr), ma ho vissuto tra l’altro a Barcellona, Madrid, Londra, e México. Ora vivo tra Sevilla e Madrid. Sono direttore artistico, però anche attrice e illustratrice. Ho cominciato di recente il mio viaggio nella regia, ma è un cammino che penso di portare avanti con molta calma e attenzione...coscienziosamente. Ho intenzione di andare presto a Madrid per progredire come direttore artistico e attrice”.

La raggiungiamo proprio a Siviglia, dove si trovano lei e tutta la troupe del film, in testa il regista Jesús Armesto, in attesa del 12 novembre e del responso del Festival.

Mar Ejada vuol dire Mareggiata, ed è sicuramente un soprannome giustificato dalla poliedricità accompagnata da indubbia qualità dell’artista Mar Garcia, che al debutto come regista e sceneggiatrice con il cortometraggio 360, parte del progetto Una serie de numeros, ha vinto tra l’altro i Premi come miglior musica e miglior manifesto (per sua mano) allo Short of the Month Indian Festival nel 2015.

Opera che sembra avere come autori di riferimento Wes Anderson, Michel Gondry, Jean-Pierre Jeunet, forse anche suoi modelli ideali…

Chissà, può essere che abbiano lasciato delle impronte dentro di me, come hanno fatto numerosi autori e autrici di tutte le discipline artistiche e tecniche. Sono amante dell’arte, del cinema, della danza, della musica, della letteratura, dei comics…Ho un grande bagaglio di riferimenti considerando che sono una gran consumatrice di cultura. Di sicuro mi esprimo a modo mio, senza cercarne di concreti: immagino che nel backup della mia retina si trovi quello che ho appreso ammirando gli altri… Del resto, i miei gusti e i miei interessi sono molto diversi, per questo credo di non essere qualcuno che si fissi su una sola idea.

Com’è avvenuto il suo incontro con il cinema?

Ci sono arrivata quasi per caso. Avevo già lavorato a Sevilla in un cortometraggio di animazione stop motion, modellando e costruendo. Studiavo Bellas Artes, ed ero anche attrice in una piccola compagnia di teatro. In seguito, vivendo a Barcellona, terminata l’università, ho iniziato a recitare nei corti degli studenti della scuola di cinema CECC (Centre d'Estudis Cinematogràfics de Catalunya, ndr). Un giorno mi hanno chiamata per far parte dell’equipe artistica di un corto che si girava a Mura, un piccolissimo pueblo catalano: ci ha permesso di vivere una convivenza cinematografica indimenticabile. L’anno successivo, ho terminato l’università e seguito, tra le altre cose, il Master en Diseño de Producción y Dirección de Arte de la ESCAC (Escola Superior de Cinema i Audiovisuals de Catalunya, ndr), che apriva proprio quel anno, con professori del calibro di Emilio Ruíz, Rafael Palmero (che sono già scomparsi…), Félix Murcia, Benjamín Fernández… Poi, mi hanno scelto come direttrice artistica per un mediometraggio (La canción de los niños muertos, 2008) coprodotto con la scuola messicana che fondò Buñuel (CCC: Centro de Capacitación Cinematográfica), da girare in México: ha vinto quel anno il premio Ariel (il Goya messicano). Il suo regista, David Pablos (messicano, ndr), ha ottenuto nel 2016 con Las elegidas (2015, partecipazione a Un Certain Regard a Cannes) gli Ariel come miglior film, miglior sceneggiatura, miglior rivelazione femminile, miglior fotografia e miglior regista… È stata la mia prima esperienza di rilievo come direttrice artistica, che difficilmente dimenticherò, come il favoloso incontro con il México. Quando sono tornata in Spagna, credo di averlo fatto come vera art director…

Una carriera che le ha permesso di viaggiare dunque per la Spagna, e, varcando il confine della Penisola Iberica, per il mondo.

Ho lavorato non solo per molte produzioni spagnole, ma anche straniere. Per esempio per Bollywood ho realizzato 3 film come direttore artistico… Il mio lavoro mi permette di viaggiare molto, dentro e a volte fuori del territorio spagnolo…

Ed ora la grande occasione di Game of Thrones, per cui non ha dovuto neanche spostarsi più di tanto, dato che si sta girando in Spagna…

Ci sto lavorando ormai da poco più di un mese. Mi occupo di differenti settori, come assistente art director e segretaria di costruzione. Nessuno che lavori nella serie può parlarne, per contratto e per prudenza…non posso dire altro sul progetto. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, questa è una grande opportunità per imparare direttamente dal cuore di una superproduzione, sperimentandomi in tanti altri ruoli che esistono, imparando il più possibile da tutto, e da tutti coloro che mi circondano. Girare in Spagna? Questo è il terzo anno consecutivo che lo fanno. Si vede che gli vanno a genio le location tanto diverse e magnifiche che abbiamo…

Come vede la situazione culturale in Spagna e nel resto d’Europa?

Credo che esista una corrente di persone con capacità, che stanno facendo grandi cose per l’arte, la cultura, la creatività, ma anche una gran massa che fa il contrario. La situazione politica non aiuta assolutamente, la direzione e l’attenzione della cultura in Spagna sta vivendo un momento disastroso, andando contro corrente rispetto alle nostre potenzialità. È un peccato avere paesi vicini come la Francia, dove la cultura è un’arma più della forza culturale, identitaria ed economica, e non saperne prendere esempio. Credo che l’Europa in generale sia preoccupata da altre necessità che non sono precisamente culturali…

E sul rischio terrorismo, dopo la tragedia di Madrid?

Non penso che siamo esattamente il paese più minacciato. Esiste lo stesso rischio di altri, però non si avverte nel quotidiano. Ci sono sicuramente altri paesi che vivono davvero la disgrazia di sentire la paura nella loro routine quotidiana. La cattiva gestione politica e umanitaria ha invitato i terroristi ad attaccarci nel 2004, e l’ETA sembra che sia giunta alla sua fine. È un grandissimo problema mondiale il terrorismo, però ritengo che non lo sia specialmente e concretamente in Spagna.