"Un dramma umano, basato su tante storie vere". Un racconto di vita. In visita a Roma, la regista israeliana Keren Yedaya definisce così il suo Or, con cui ha conquistato il premio della Camera d'Or al festival di Cannes 2004. "Con questo film ho cercato di scuotere le coscienze della gente, di sensibilizzare il pubblico alle problematiche sociali, in particolare alla prostituzione. Lo sfondo è quello di Tel Aviv, la realtà dove ho vissuto e che quindi conosco. Ma la storia di Or potrebbe essere ambientata in qualsiasi altro posto dove ci sia una situazione di sfruttamento e corruzione".
La regista è in Italia per presentare il suo film nell'ambito della rassegna "Le vie del cinema da Cannes a Roma", iniziativa patrocinata dall'Anec, Associazione nazionale esercenti cinema, e dal Comune di Roma. Nei prossimi giorni accompagnerà la storia di Or, diciassettenne israeliana che vive il disagio familiare di una madre che si prostituisce, in un tour promozionale in giro per il mondo. Prossima tappa: Bangkok.
"Or è un film politico - ha detto Keren Yedaya -, dove per politica si intende la quotidianità della vita, il modo in cui vediamo il mondo, i nostri comportamenti spesso superficiali. "La protagonista è una ragazza a cui non manca nulla: è giovane, bella, ha degli amici, un ragazzo, ma ha avuto la sfortuna di vivere una situazione familiare difficile. E nessuno la aiuta veramente: non lo fa la sua tutor a scuola, non lo fa la madre, né i vicini, né il fidanzato Ido. Tutti le sorridono, ma nessuno riesce a capire davvero il suo dramma e a fare qualcosa di concreto per lei". Alla fine la ragazza cadrà nella tela della prostituzione, la stessa da cui cerca di tirar fuori sua madre. "Il mio film lancia un messaggio positivo, non è pessimista. Le lacrime della protagonista, i suoi occhi mostrano che c'è qualcosa di grande nel suo intimo, una forza che la aiuta ad andare avanti. Il suo animo è sano. Credo che ogni essere umano nel profondo sia buono, la sua natura è così. Nessuno agisce con l'intento di fare del male, ma spesso non si rende conto di quello che fa. Come i soldati che combattono e uccidono sulla striscia di Gaza: non sono cattivi, ma non si rendono conto delle conseguenze delle loro azioni. Quello che ho cercato di comunicare alla gente è che occorre ascoltare di più il prossimo, aiutarlo e non far finta di nulla".
E' la seconda volta che Yedaya viene in Italia: "Quattro anni fa sono stata a Montecatini dove ho partecipato al festival della cittadina con Lulù". Un cortometraggio sulla prostituzione, tema a cuore alla regista, impegnata personalmente nel sociale. Dal 1977 organizza infatti conferenze e tavole rotonde anche sui disagi infantili. Il suo prossimo film? Sarà sulla pace: "Una storia a lieto fine - dice
-, ma con molta sofferenza. Una specie di leggenda fantastica sul conflitto israelopalestinese. La pace arriverà dopo molto dolore, ma alla fine tutti si abbracceranno...".