“Questa strada potrebbe stare ovunque, anche al Nord, perché è simbolica, si muove come un polmone quando respira. Il film parte da Palermo ma cerca di aprirsi, semplicemente questa è la mia città, parto dalla mia radice, storia e lingua, ma non so cosa voglia dire raccontare il Sud: il Sud è una torretta di osservazione del mondo, Nord compreso, perché si parla di uno stato dell'essere, non geografico”.
Parola della drammaturga e regista teatrale Emma Dante che esordisce al cinema e in Concorso a Venezia con Via Castellana Bandiera, tratto dal suo omonimo romanzo e interpretato da lei stessa con Alba Rohrwacher, Elena Cotta, Renato Malfatti, Dario Casarolo, Carmine Maringola, Sandro Maria Campagna e Giuseppe Tantillo. Palermo, scirocco, domenica pomeriggio Rosa (Dante) e Clara (Rohrwacher), venute per un matrimonio, si perdono nelle strade della città e finiscono in un budello, via Castellana Bandiera. Nello stesso momento, in senso opposto, arriva la Punto guidata dall'anziana Samira (Cotta) con a bordo la famiglia Calafiore. Né lei né Rosa intendono cedere il passo: il duello ha inizio.
“Sono donne parenti del mio teatro, si fermano per una questione di principio, per una situazione misera e ridicola, sono vittime dell'ottusità. E questa ottusità è un grande guaio per il nostro Paese: siamo diventati sordi, ciechi e immobili al di là di ogni cultura”, dice la Dante, che parla dell'epilogo del film come di “un sacrificio rituale, il grumo si scioglie per far scorrere il sangue”. Due donne testarde, testardissime, Rosa e Samira, e “questa testardaggine nasce dal senso d'onore, insita nel comportamento degli uomini siciliani, come i bravi dei Promessi Sposi del “fate luogo”. Ma non sono solo cose siciliane, ma la degenerazione di pensiero, la regressione del Paese, che sporca il senso dell'onore. Anche in politica non si riesce a vedere quel che si ha di fronte, come questa strada che sembra piccola ma poi è larga, ci sarebbe spazio per tutti, ma diventa proprietà privata e non più bene comune”.
“E questo spazio – prosegue la regista – ci sarebbe anche per gli omosessuali (Clara e Rosa sono lesbiche, NdR), che vogliono i diritti come tutti. Ma mi sono stancata di parlare di storia omosex, sono semplicemente due persone che si amano”. E, ancora, sull'Italia: “Come nel film, il precipizio è presente, ma non avvertito. Sarebbe meglio cadere per poi rialzarsi, ma nemmeno riusciamo a cadere: è lo stallo in cui siamo”.
Se Alba Rohrwacher sottolinea come “Emma mi ha insegnato tutto, il suo metodo funziona: un lavoro molto duro con gli attori, ma si viene portati all'estremo da mani molto sicure, ci tira fuori i fantasmi, evochiamo qualcosa che nemmeno sapevamo di avere”, l'82enne attrice teatrale Elena Cotta  dice: “Da sempre speravo in questa occasione: recitare senza parole, usando solo sguardo, mimica, intensità e quel mezzo eroticamente vero che è la macchina da presa”.
Chiude la Dante: “Rosa e Samira si guardano l'una di fronte all'altra, ed è anche un modo di guardarsi dentro, come il Minotauro che allo specchio riconosce il mostro. Sono due donne mostruose, ma è giusto accettare la propria mostruosità, perché è anche verità”.