(Cinematografo.it/Adnkronos) - Il regista israeliano Amos Gitai torna in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia con una nuova sfida: un film, Ana Arabia, che è un unico piano sequenza di 81 minuti e che racconta un momento altrettanto lungo nella vita di una piccola comunità di 'reietti', ebrei ed arabi, che vivono insieme in un angolo dimenticato da tutti al 'confine' fra Jaffa e Bat Yam, in Israele. L'occasione del racconto tutto d'un fiato è nella fiction la visita di una giovane giornalista, Yael (Yuval Scharf) in questa comunità, dove scopre una serie di personaggi molto lontani dai cliché e sente di aver trovato una vera miniera di umanità.
"Siccome mi piace da molto tempo ricorrere al piano sequenza per legare frammenti e contraddizioni -spiega il regista- per Ana Arabia mi sono prefisso una meta molto piu' ambiziosa: girare l'intero film di 81 minuti in una sola sequenza, senza stacchi". In questi 81 minuti la protagonista si dimentica del suo lavoro di giornalista e si 'perde' nelle vite, nei sogni, nelle speranze, negli amori, nei desideri e nei disincanti dei personaggi che incontra, che hanno un rapporto con il tempo decisamente diverso da quello della città che li circonda. E' come se in questo luogo di fortuna, tra tuguri immersi in un agrumeto e circondati da palazzoni, esista una possibilità di convivenza che non esiste altrove.
"La ripresa continua e il suo ritmo -spiega il regista- avvolgono i frammenti di queste figure. E' anche una specie di affermazione politica con cui si commenta che i destini di ebrei e arabi di questa terra non saranno spezzati, non saranno separati. Sono intrecciati e dovranno trovare un modo pacifico di coesistere, non in continuo conflitto, ma vivendo ognuno la propria vita e nutrendosi e stimolandosi gli uni con gli altri", conclude il regista.