"Una donna emancipata degli anni '60, prototipo di quella attuale, ma anche fortemente attaccata alle tradizioni: da un lato, pratica e terragna, dall'altro, parla con i morti, ha il sapore della magia. E credo Sergio mi abbia scelto per questo", dice Valeria Golino, mentre Riccardo Scamarcio, suo compagno di vita e fratello minore nella finzione, ribatte: "Sono l'opposto del marito di Valeria (Sergio Rubini, ndr), uno scapolone, l'uomo della concretezza, senza sogni, che vive nel presente e che dispensa sentenze del calibro: "Le donne sono un po' come i soldi, se te ne prendi cura poi si danno arie..."". Per entrambi, il nuovo film diretto e interpretato da Sergio Rubini, L'uomo nero, è "Germi, Eduardo e Pietrangeli insieme, una commedia sulla memoria, la famiglia e soprattutto il peso dei pregiudizi sociali, che castrano le ambizioni del singolo".
Prodotto da Biancafilm in collaborazione con RaiCinema e Apulia Film Commission, scritto da Rubini con Carla Cavalluzzi e Domenico Starnone, L'uomo nero è attualmente sul set a Mesagne, provincia di Brindisi, dove il regista dirige Scamarcio e la Golino, per la seconda volta insieme sul set dopo Texas: "Non ho - dice Rubini - un approccio morboso verso gli attori: avevo già lavorato con Scamarcio, mentre Valeria è l'amica con la L maiuscola che ho nel cinema. Ma non faccio il casting sulla base dell'amicizia, ho pensato a loro due perché i personaggi li richiedevano. Poi ho riflettuto su come abbiano colori in comune, a partire dagli occhi, e dalla analoga grecità: Valeria è greca, Riccardo potrebbe essere Achille o Ettore. Una somiglianza e un'intimità utile per la fratellanza che portano sullo schermo, ma non mi ero reso conto dell'impatto mediatico della loro coppia: spero non consumi la parte più preziosa del film".
Nella Puglia anni '60, rievocata dal figlio Gabriele che ritorna per dargli l'estremo saluto, Sergio è Ernesto Rossetti, capostazione della ferrovia locale, con qualche frustrato talento per la pittura. L'uomo vive con la moglie Franca (Golino), il figlio (l'esordiente Guido Giaquinto) e - suo malgrado - il cognato Pinuccio (Scamarcio): tra le incomprensioni con il padre, la dolcezza severa della madre e la fascinazione dello zio, solo da adulto (Fabrizio Gifuni) Gabriele potrà riguadagnare la giusta prospettiva sul padre.
Alla base una lunga e affettuosa amicizia con Rubini ("E' lei la vera regista, non io..."), la Golino si dice "assolutamente tranquilla sul set. Non provo alcuna inquietudine, ho tutto ciò di cui ho bisogno: gli amici, il cinema e Riccardo" e definisce L'uomo nero "un film per me fondamentale, come in passato sono stati Respiro e La guerra di Mario: di solito faccio fatica a "prendere posto" sul set, preferisco scivolare via, qui invece non ho vergogna di andare oltre ...". Archiviati due giorni sul set di Antonio Capuano - "M'ha fatto bruttissima, con baffetti, monociglio e occhi neri nei panni di una psicologa del carcere" e in attesa tra agosto e settembre del film di Valerio Jalongo Laria, la Golino rivela qualche difficoltà a dare al suo personaggio de L'uomo nero la cadenza pugliese, mentre Scamarcio, pugliese doc, ha potuto giocare in casa e si dice "felicissimo di tornare nella mia terra con un bis: dopo Rubini, dal 6 settembre sarò sul set di Ferzan Ozpetek, Mine vaganti". 
A Venezia e in sala lo ritroveremo a settembre ne Il grande sogno di Placido, a cui ha dovuto dire no per il prossimo progetto su Vallanzasca causa l'impegno con Ozpetek, poi tra fine ottobre e inizio novembre sarà sugli schermi ne La prima linea di De Maria, che non andrà né in Laguna né a Roma - "Credo sia la decisione giusta, affidarlo a un pubblico senza idee preconcette" - poi in cantiere ha un progetto Usa e uno francese. Ma prima l'impegno politico: "Al Lido mi coordinerò con i miei colleghi per fare qualcosa di eclatante contro il taglio al Fus. Di certo, provo indignazione contro questo governo, un governo da Terzo Mondo: dove sta la cultura?".