Senza cultura non si genera sviluppo: il grido d'allarme lanciato lo scorso febbraio da Il Sole 24 Ore, è diventato l'input per quella che Roberto Napoletano (direttore del quotidiano di economia) chiama senza mezzi termini una "rivoluzione copernicana". Di che si tratta? Di un ricollocamento del "sapere - tutti i saperi: quelli storico-artistici e scientifici, la ricerca delle università e delle imprese così come tutta l'attività quotidiana della scuola, di ogni ordine e grado - al centro dell'attenzione pubblica". Idea non nuova ma che diventa quanto mai urgente realizzare nel momento in cui la grave crisi internazionale sta mettendo in ginocchio l'Italia e l'Europa. E allora perché non puntare sul nostro patrimonio artistico, sulla bellezza del paesaggio, sul know how e l'innovazione che da sempre costituiscono il valore aggiunto di questo paese?
Il binomio cultura-sviluppo sarà al centro domani dell'assemblea generale Federculture (ore 10.30, Fondazione Maxxi - Auditorium di Roma) con annessa presentazione del Rapporto Annuale 2012 "Cultura e sviluppo: la scelta per salvare l'Italia", curato da Roberto Grossi, Presidente di Federculture. Interverranno tra gli altri il Ministro dei Beni Culturali Lorenzo Ornaghi, il Vice Presidente della Camera Rocco Buttiglione e lo scrittore Premio Strega Edoardo Nesi. Il confronto verterà sulle possibili strategie d'intervento in questo delicato settore. Che avrebbe tutte le potenzialità per diventare il core-business del Paese. Come ricorda il Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo Dario E. Viganò, citato nel Rapporto: "La crisi è spesso un'opportunità: se da un lato le produzioni classiche hanno visto ridurre budget e opportunità d'investimento, c'é chi ha guardato oltre esplorando nuove strade".