E protesta sia! Il festival di Roma apre allo sbarco dei 3mila sul tappeto rosso: obiettivo, rivendicare la dignità che "il cinema italiano ha ormai perso". In centinaia tra attori, registi, tecnici e addetti ai lavori di cinema, tv e spettacolo hanno occupato totalmente la cavea dell'Auditorium - Parco della Musica: tra questi, molti volti noti, quali Carlo Verdone, le due sorelle Cristina e Francesca Comencini, Paolo Virzì e Micaela Ramazzotti, i produttori Riccardo Tozzi, Angelo Barbagallo e Andrea Occhipinti, Rocco Papaleo, Kim Rossi Stuart, Elio Germano, Neri Marcorè, Mimmo Calopresti, gli sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia, Beppe Fiorello, Monica Guerritore, uniti dalla parola d'ordine della manifestazione: “Tutti a casa”.
Tra gli striscioni e i cartelli esibiti dal neonato movimento: “Questo è l'ultimo film italiano che vedrete”, “Il Maestoso ai cittadini”, “Teatro dell'Opera di Roma: Nessun dorma”, “Salviamo Cinecittà”, “Il cinema non infesta”, “Lunga e dolce vita a Cinecittà”, e ancora, sul fronte più prettamente politico,“Delocalizziamo Bondi” (in riferimento alla delocalizzazione delle fiction italiane all'estero”), “Tremonti se non sai come si guadagna col cinema e la tv chiedilo a Berlusconi”.
A prendere la parola per tutti, dopo il succedersi degli interventi sul palchetto della cavea, è stato Sergio Castellitto, presidente della giuria del Festival. Dopo aver espresso la "piena solidarietà da parte della giuria internazionale", l'attore e regista ha letto il documento preparato dai manifestanti. "Il governo ci ha messo con le spalle al muro. Non pretendiamo elemosina, ma investimenti pubblici ed agevolazioni fiscali perché sono risorse che tornano triplicate allo Stato. Non siamo parassiti ma una categoria strategica", aggiungendo: “C'è chi dice che con la cultura non si mangia, ma noi diciamo che nutre lo stesso perché fornisce materiale decisivo fatto di emozioni e di sogni".
Infine, la protesta pacifica ha incassato anche il sostegno del cast di Last Night, film d'apertura della quinta kermesse capitolina. Se Eva Mendes e Keira Knightley non hanno parlato, a differenza della regista: “Il mio nome è Massy Tadjedin e non siamo qui per un'anteprima, ma in quanto colleghi e artisti: per questo, abbiamo rinunciato volentieri al red carpet per solidarietà con la vostra protesta”, bissata dall'attore francese Guillaume Canet: “Senza cultura un paese è nulla”.
L'ultima parola all'assente, il ministro Bondi, che in una dichiarazione definisce “la protesta di oggi ingiustificata nella forma e negli argomenti, soprattutto dopo gli impegni presi dal governo, mostra il grado di faziosità e di intolleranza da parte di persone e gruppi che agiscono in nome della cultura, ma con la quale non hanno nulla a che fare”.
Sulla stessa lunghezza d'onda, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta: “La protesta è sempre utile quando è costruttiva: avrei evitato stasera di rovinare il red carpet. Così si scoraggiano gli investitori internazionali. Mi dispiace che questo divenga un'arma contro il cinema. Una maggiore riflessione sarebbe stata preferibile”.