“Il cinema italiano? Forse devo rimangiarmi quel mio ‘Nouvelle Vague’”. Si può permettere di scherzare Alberto Barbera, direttore della 74. Mostra di Venezia, perché i risultati di metà festival sono buoni. Non ne è sorpreso, perché a Venezia si sono mossi “per ricostruire un rapporto privilegiato con gli Usa, che passa da un progetto di una Mostra diversa e un rinnovamento delle strutture. Pochi grandi festival internazionali hanno cambiato così tanto in così poco tempo come abbiamo fatto noi”.

Barbera sottolinea i risultati del co-production market, del Biennale College che ora ha aperto linee ad hoc anche per gli italiani e la Virtual Reality”, ma al cuore della riscossa c’è il rapporto tra il Lido e il cinema stelle & strisce: “Aver aperto con Gravity, Birdman, Spotlight e La La Land negli ultimi anni, ha ridefinito il profilo della Mostra. Oggi non siamo più noi a implorare Hollywood”, sebbene – ribadisce il direttore – “sono i film oggi che scelgono i festival, non i direttori i film”.

Potenziate e perfezionate, accogliendo le richieste di uffici stampa e marketing, strutture, schedule e logistica, Barbera sottolinea di “aver fatto rinunce, anche dolorose, di titoli offerti alla Mostra. Non farò nomi, ma vedendo i programmi di Toronto e Telluride potreste farvene un’idea. Di certo, l’equilibrio o l’omogeneità finale di un cartellone non si può decidere a priori, i film li devi prendere quando ti vengono proposti”.

Sulla scelta di Annette Bening quale presidente di giuria del Concorso, il direttore precisa: “Volevamo una donna, non ce ne sono tante, almeno di bravissime e a grandi livelli, e quelle che ci sono lavorano tutte molto. Anche Bening ci aveva detto di no all’inizio, poi la serie che l’avrebbe tenuta impegnata è stata spostata più in là e ha potuto accettare il nostro invito”. I giurati, rivela Barbera, “hanno già fatto due riunioni, la prima è durata ben quattro ore. Ma vanno molto d’accordo”.

Se il Lido saluta “un aumento di presenze dei giovani, che rinnovano l’interesse per il cinema e i festival, il merito è anche della politica della Biennale, che ha curato accrediti agevolati e ospitalità ad hoc”.

Tema importante, quello dei film italiani, per cui alla conferenza stampa di presentazione della Mostra Barbera aveva speso parole elogiative, e che finora, rimbalzando tra accoglienza dei connazionali e della stampa internazionale, non hanno sortito particolari entusiasmi: “Non ho cambiato idea. Avevo detto di non aspettarvi capolavori, ma la fotografai d’insieme è radicalmente diversa da quella dell’anno scorso: ribadisco la fiducia in un momento di effervescenza del nostro cinema. Al di là del gradimento della critica o della compiutezza dei film stessi, c’è una nuova generazione impegnata a fare qualcosa di differente. Forse, come spesso mi capita, ho esagerato, diciamo che mi rimangio la parola Nouvelle Vague”.

Da ultimo, Barbera scherza: “Sto raccogliendo tutte le richieste di chi vorrebbe spostare un film da una sezione all’altra” e, tornando serio, evidenzia: “Il tema del fine vita è uno dei fil rouge dell’edizione. I registi non vogliono offrire soluzioni, ma sanno incanalare artisticamente un problema sociale sempre più diffuso”.