“Il problema maggiore per la Mostra sono le limitazioni nella capienza delle sale. C'è stato un momento, confesso, nei giorni precedenti al decreto di fine luglio su green pass e tamponi in cui ho sperato nella riapertura senza contingentamento delle sale come in Francia: faccio fatica a comprendere perché non sia avvenuto. Mi piacerebbe capire perché in treno e in aereo si possa evitare il distanziamento, e in sala no:  che qualcuno ce lo spiegasse”.

J’accuse di Alberto Barbera, il direttore della Mostra di Venezia che insieme al presidente di Biennale Roberto Cicutto ha incontrato lo stampa al giro di boa della 78esima edizione.

Diffusi i primi dati: 23.713 i biglietti venduti al pubblico, contro i 13.162 del 2020 e i 28.741 a fine Mostra nel 2019; 671 gli abbonamenti venduti, contro i 281 del 2020 e i 1.278 del 2019; 9.800 gli accrediti distribuiti rispetto dai 6.908 dell’anno scorso e i 12.800 totali di due anni fa, con una quota stampa che passa da 2.836 del 2019 a 1.875 attuali, dopo i 1.313 del 2020.

Roberto Cicutto

Cicutto parla dei problemi riscontrati sulla piattaforma Boxol nel prenotare i posti in sala durante i primi giorni della Mostra: “Non ci aspettavamo una partecipazione così alta, a ieri il 60% di presenze in più rispetto all’anno scorso. Certo, dobbiamo lavorare perché il sistema regga meglio”. Barbera rincara la dose: “Questo malfunzionamento nel sistema di prenotazione posti è stato un disastro. Ho passato i primi tre giorni a farmi insultare sui social”.

Sul Covid, il 90% degli accreditati ha il green pass, il rimanente 10% effettua tamponi antigenici rapidi ogni 48 ore: finora registrati cinque positivi, poi rivelatisi falsi col molecolare, un sesto positivo odierno è in fase di accertamento.

Tra le novità della prossima edizione, il rifacimento della Sala Perla e Perla 2 al Casinò, nello stesso una nuova sala conferenze e, allo studio, una nuova struttura temporanea sul modello della Sala Giardino. Già avviata, e Cicutto ci tiene, la road map per la neutralità carbonica del festival che verrà ratificata da RINA.

Il presidente di Biennale lamenta la presenza del muro sul red carpet, quale limitazione Covid più invasiva, ma dalle delegazioni corpose in giù saluta il ritorno al futuro post-pandemico: “Mi sembra di essere tornato indietro di tre anni”.

Sulla ricetta del festival, Barbera predica la “Venezia di pubblico e critica: non ci rinunciamo, fa parte del nostro DNA” e, accogliendo l’emergenza e il rafforzamento delle piattaforme durante la pandemia e il correlato aumento delle visioni domestiche, ribadisce l’importanza del festival nel “cercare e alimentare la curiosità degli spettatori” e certifica un “livello qualitativo medio dell’offerta della Mostra molto più alto del solito, a oggi”.

Sulla massiccia presenza dei film italiani, la limita quale novità ai cinque titoli in Concorso, anzi, rivela come da più parti si volesse l’inserimento di Ariaferma di Leonardo Di Costanzo in competizione. Nessuna preoccupazione per la mancata uscita in sala in contemporanea alla Mostra dei titoli in cartellone, “è assolutamente legittimo, senza contare che anche prima del Covid settembre non si era rivelato positivo per l’esercizio, la capienza limitata al 50% e i vaccini incidono, ma ripeto nessun disagio dal punto di vista della Mostra e della sua capacità di promozione”.

Sul versante parità di genere, Barbera rimanda al panel in programma domani alla Mostra, e di fronte a “una percentuale di registe che varia annualmente tra il 26 e il 27%, insufficiente” alza le mani: “Non possiamo fare nulla noi, è a monte il problema”.

Infine, sugli Oscar: “Hanno aiutato la Mostra, a partire dal rapporto col cinema americano, ma non facciamo il programma in funzione di premi e campagne promozionali”, e sulla possibile maggiore eterogeneità anche di formati del Concorso in futuro Barbera conclude: “Joker ha rotto una barriera, oggi è acquisito. Quest’anno abbiamo condiviso con Warner la partecipazione di Dune fuori concorso, ed è stata la scelta più corretta, ma senza preclusioni: avessimo altri Joker o The Shape of Water non avremmo dubbi. Viceversa, le serie, come quest’anno Scenes from a Marriage, sarebbero come i cavoli a merenda in Concorso, ovvero prodotti inconfrontabili: non posso chiedere a una giuria di giudicare alla stessa stregua film e Scene da un matrimonio”.