Oggi 25 novembre in occasione della “Giornata internazionale contro la violenza sulle donne” per parlare di femminicidio e abusi è scelto il film premiato a Venezia ‘70 di un cineasta soprannominato “il regista del silenzio”. Il suo lungo documentario pluripremiato sulla quotidianità monastero de La Grande Chartreuse si chiamava Il Grande Silenzio, ma con La moglie del poliziotto Philip Gröning ha deciso di fare un film che suscitasse negli spettatori un dibattito, “perché il cinema torni ad essere un luogo di dibattito e susciti nel pubblico una domanda: come essere umano cosa trasmetto io agli altri, l'amore che ho ricevuto o distruzione? Qual è il ruolo che ricopro nei confronti degli altri? Domande che mi sono posto io per primo”. Se c'è stato un tempo del silenzio in cui le donne si rifiutavano di parlare della violenza subita perché provavano vergogna, “oggi è il tempo della parola – dice Luisa Ponzato (La 27esima ora)  - i vari linguaggi devono interrogarsi e parlare senza retorica”. Anche secondo Francesca Zajczyk, delegata per il Comune di Milano alle pari opportunità, “il dialogo resta l'arma più efficace”. Secondo Natalia Maramotti, assessore del Comune di Reggio Emilia che insieme a Satine Film ha adottato il film, “Gröning è riuscito a tradurre la relazione uomo/donna nell'ambito della violenza domestica e a fornire degli strumenti per far nascere delle domande che costringano alla riflessione”. Il regista di Dusseldorf racconta per quasi tre ore la vita di una famiglia di provincia in 59 piccoli frammenti che tocca allo spettatore ricomporre per ricostruire la storia d'amore tra una madre Christien (Alexandra Finder) e sua figlia Clara, e quella violenta tra un uomo frustrato, Uwe (David Zimmerschied), incapace di mantenere relazioni e una donna che risponde all'odio con l'amore e cerca di proteggere l'anima della sua bambina. “Alla fine  – spiega Gröning - c'è uno scambio, chi resta in vita al prezzo di chi muore. Ho parlato con psicologi e con chi aveva vissuto qualcosa di simile e mi sono reso conto che nella profondità di una relazione d'amore così malvagia c'è una distruzione su ogni fronte, quando utilizzi la violenza contro qualcuno la commetti anche contro te stesso. In una società civile chi è civilizzato rifiuta la violenza, più uno diventa violento e meno rimane umano. Nella nostra società, invece, regna il silenzio, la passività, si va avanti senza curarsi di ciò che accade, come fa il personaggio del vecchio che rappresenta, analogamente al coro della tragedia aristotelica, l'opinione pubblica”.