"Paul ama davvero la moglie e i figli. Ma fino a quel momento ha preferito mostrare a se stesso la bella fotografia di un'esistenza condizionata dalla rinuncia ai suoi sogni. Solo dopo un incidente, costretto alla fuga, Paul riesce a ritrovare poco a poco se stesso: l'imbarbarimento fisico può ricordare quello di Gadjo Dilo (film diretto da Tony Gatlif, ndr), perché come lì siamo alle prese con un uomo che si scopre e diventa più vero". Romain Duris è L'homme qui voulait vivre sa vie, come da titolo originale (quello internazionale è The Big Picture, dal romanzo di Douglas Kennedy) del film diretto da Eric Lartigau, oggi Fuori Concorso al Festival: giovane avvocato di successo, presto erede della società co-fondata con Anne (Catherine Deneuve), sposato con Sarah (Marina Foïs) e padre di due splendidi bambini, Paul ha abbandonato l'antico sogno di diventare fotografo professionista per garantire a sé, e alla sua famiglia, qualcosa in più del semplice benessere. Ma quando scopre che la moglie ha una storia con il vicino Grégoire Kremer (Eric Ruf), fotografo non in carriera, il castello di carte costruito fino a quel momento crolla inesorabilmente. E dopo aver ucciso accidentalmente il rivale, prima si appropria della sua "identità", poi scompare facendosi credere morto, infine raggiunge il Montenegro per ricominciare a vivere, sotto mentite spoglie e con la macchina fotografica al collo: "L'interrogativo centrale sollevato dal libro di Kennedy è proprio quello della ricerca dell'identità - spiega il regista - e con il co-sceneggiatore (Laurent de Bartillat, ndr) abbiamo cercato di identificarci con il lettore del romanzo, pensando già in fase di scrittura alla macchina da presa quale vero e proprio occhio del lettore". Uscito ieri in Francia, L'homme qui voulait vivre sa vie è stato sin dall'inizio pensato per l'interpretazione di Romain Duris: "Scrivevo il personaggio e in mente avevo solamente lui - dice ancora Lartigau - poi ci siamo incontrati, abbiamo parlato del copione e con Romain ci siamo concentrati su questo percorso che allontana Paul da un contesto non 'naturale' ad un altro più vero". Cosa che il film sottolinea anche dal punto di vista estetico e cromatico: "Nella prima parte del film, ambientata a Parigi, ci siamo preoccupati di mostrare ogni personaggio nitidamente, lasciando sullo sfondo un paesaggio che, più tardi, quando il protagonista arriva in Montenegro, riacquista spessore e colore. Anche per questo abbiamo cambiato la focale, per dare più respiro agli spazi e per evidenziare gli aspetti primordiali, talvolta violenti, che Paul si troverà ad affrontare, perfezionando lo sguardo, obbligato a riflettere maggiormente.
E di fronte alle molteplici aperture di un finale sospeso, Duris non ha esitazioni: "Posso rispondere per quello che attiene il 'presente' del personaggio, un uomo che continua a compiere delle scelte senza misurarne ogni volta le conseguenze. Il 'dopo' appartiene a qualcosa che non mi riguarda più, da quel momento in poi entra in gioco l'immaginario di ciascun spettatore".