Il miracolo di Ammaniti, quello di Lazzaro felice, e ora mi appare persino la Madonna: evidentemente l’arte si interroga su un altrove, per reagire a un quotidiano instabile e indecifrabile. L’arte va a guardare più lontano, a qualcosa che forse arriva e ci salverà tutti o forse ci condannerà per sempre”. Parola di Alba Rohrwacher, protagonista di Troppa grazia, diretto da Gianni Zanasi e dal 22 novembre in sala con Bim.

Già premiato alla Quinzaine di Cannes 2018 con il Label Europa Cinema, interpretato anche da Elio Germano, Giuseppe Battiston e Hadas Yaron, inquadra Lucia (Rohrwacher), geometra precaria, una figlia a carico e un terreno da mappare perché vi si possa edificare una grande opera architettonica: qualcosa non le torna, ma sceglie di non dire nulla, finché una ‘profuga’ le intima: “Vai dagli uomini e dì loro di costruire una chiesa là dove ti sono apparsa”…

“Una sceneggiatura - scritta con la coproduttrice Rita Rognoni, NdR - in cui credi, gli attori giusti, mi piace quando l’entertainment del cinema viene usato e abusato per un viaggio vero e intrigante, che non si sa dove vada a finire. Per me gli attori sono coautori, così se il film viene male è anche colpa loro”, scherza Zanasi. Germano si dice “sollevato” dall’esperienza di Troppa grazia: “E’ una bella boccata di diversità, il cinema italiano prova a cercare strade personali, e Gianni addirittura gioca con cose pericolose. Il film racconta tanto altro di noi esseri umani, è una grande commedia grottesca e paradossale”.

Il regista parla di “senso del sacro”, Alba suggerisce una “triplice storia d’amore, quella che non c’è più con Arturo (Germano), quella con la terra e quella con la Madonna” e – riprese nella Tuscia, tra Viterbo e Tarquinia – confessa che quello ecologico sotteso dal film è “un problema che conosco, chi abita lì combatte guerre quotidiane contro entità che arrivano da chissà dove e sfruttano il territorio”.

A focalizzare la questione in termini critici è Germano: “Sappiamo tutti che il pianeta sta morendo, ma ce ne accorgiamo solo nei drammi; sappiamo tutti che l’ecologia è la cosa giusta, ma il mondo va in un’altra direzione. Diventare adulti, in senso sgradevole, significa accettare tutti i compromessi, sicché si vive in un addormentamento collettivo che ci fa dimenticare quel che è importante: spesso è il dolore a metterti in contraddizione, abbiamo oggi bisogno di questi squarci di scenografie per vivere le cose reali”.

Zanasi cristallizza “un dramma della distrazione”, e sulla presenza della Madonna confessa: “Non capivo all’inizio perché fare un film con la Madonna, non sono credente, ma rispetto chi crede in qualunque Dio, da Cristo a Totti. La presenza della Madonna mi ha spaventato, mi chiedevo perché lei, perché non potevano non so apparirle Titti e Batman, ma poi mi son ricordato di mia nonna ex partigiana, che mi portava in un giardino con una statua della Madonna illuminata di notte e io la trovavo magica. Qualcosa di magico che va al di là del quotidiano, piuttosto che una rivelazione religiosa”.

Hadas Yaron, che interpreta questa Vergine sui generis, la definisce una “Madonna non biblica, ma simbolo vivo di una parte che è dentro Lucia: prova a farla svegliare”. Sulla stessa lunghezza d’onda, Alba: “Hadas asseriva di non poter capire il proprio personaggio se non avesse capito prima Lucia: vivono l'una il respiro dell'altra. E quando si scontrano fisicamente è un atto d’amore”.  Non a caso, conclude Zanasi, “nascere ha a che fare anche con un aspetto violento, e Madonna Lucia la fa rinascere, e non lo si fa mai in modo elegante. Solo la Madonna poteva cambiare Lucia, la Madonna è un supereroe, e questo è il mio piccolo film Marvel”.