One man show di Valerio Massimo Manfredi. Archeologo, storico, romanziere e sceneggiatore per il cinema, il tuttofare romagnolo è un affabulatore di prim'ordine, qualità che gli ha consentito in oltre vent'anni di carriera di tirare fuori da questo promiscuo background un progetto coerente fondato su una, e una sola, linea guida: il successo. Gli scettici, e non erano pochi, avranno avuto modo di ricredersi stamattina alla Casa del Cinema di Roma dove l'autore della trilogia su Alessandro ha deliziato i convitati con gustosissimi aneddoti, i più riferiti a L'ultima legione di Doug Lefler, tratto dal suo ennesimo best-seller, da domani in Italia in 250 copie. Il romanzo, e in parte il film, partono da uno spaccato sugli ultimi anni dell'Impero Romano, con la Capitale messa a ferro e fuoco dai Goti che, guidati dall'orripilante Odoacre (Peter Mullan), s'infiltrano una notte nella casa imperiale trucidando legionari e sovrani e se ne vanno prendendo in ostaggio l'ultimo discendente dei Cesari, un ragazzino di 12 anni che ha il volto diafano e innocente di Thomas Sangster (Love actually). Toccherà all'inappuntabile Colin Firth, nel ruolo del comandante Aurelio, e a un manipolo di coraggiosi legionari (tra cui spicca la saracena Aishwarya Ray) recuperare il divin pargolo e ristabilire l'ordine perduto. Nel frattempo c'è anche il tempo di vedere in azione il Mago Merlino (Ben Kingsley) e una spada nella roccia...Manfredi, non nuovo a spericolati esercizi d'equilibrio fantasy-storici, si difende dalle prevedibili recriminazioni dei puristi, puntando tutto sull'importanza "del Mito, che è una creazione potente e serve a ricordare ad ogni individuo, in una società che sempre più lo neutralizza, il condottiero dentro di lui che vuole attenzioni". Sulla fedeltà della trasposizione filmica rispetto al romanzo, Manfredi dribbla alla grande: "Ovvio che il cinema è qualcosa di ben diverso dalla letteratura. Il cinema ha esigenze che il libro non ha e viceversa. Molte pagine del libro sono state compresse in poche pose, e all'inizio vedendo Colin Firth con la spada e i calzari ho avuto qualche perplessità. Anche il personaggio di Aishwarya Ray è inventato di sana pianta, dato che nel mio romanzo si parla di una veneziana. Del resto è una donna bellissima, e nel cinema si sa...Comunque ho rispetto per chi ha un gusto diverso dal mio. Trovo che Doug abbia fatto un lavoro apprezzabile e che il cast risulti nel complesso credibile". Non mancano tuttavia le stoccate verso altri prodotti dello stesso tenore, come King Arthur (la cui storia, ci ricorda Manfredi, è praticamente la stessa de L'ultima legione meno i diritti d'autore), Troy e Alexander, colpevoli di sgrammaticature e inesattezze varie. Prodotti accomunati dal fatto di non essere tratti da un suo romanzo e di non essere stati prodotti Da Dino De Laurentis che, scopriamo, ha un diritto d'opzione su tutti i futuri adattamenti cinematografici dell'opera di Manfredi: "Dino è una persona splendida. Gli voglio molto bene", confessa lui. Intanto in cantiere c'è Atlas, ovvero la gigantomachia secondo Manfredi, nell'attesa di vedere che fine farà la sua versione per il grande schermo di Memorie di Adriano, e se mai aprirà i cantieri il suo Alexandros, un progetto da tempo coltivato con lo stesso De Laurentis e con il regista Buzz Luhrmann, poi messo da parte perchè bruciato sul tempo dall'omonimo targato Oliver Stone. Ben volentieri l'affabulatore si abbandona ai ricordi personali, come quello "del nonno, una figura straordinaria di narratore popolare che nelle notti d'inverno intratteneva la gente nelle stalle con le sue versioni dialettali dei classici della letteratura", o come quello amatissimo di un locandiere di un non meglio precisato villaggio dell'Anatolia Centrale "che cacciò via i suoi ospiti pur di dare ristoro a lui e ad altri amici italiani, perchè gli italiani, pardon i romani, in quel lembo di deserto, ci avevano fatto le terme". La chicca finale però è la sua personale filosofia della Storia, "la questione cioè se la Storia sia oppure no magistra vitae. Per alcuni sì, per altri no. Io credo che la Storia non sia mai uguale a se stessa. C'è in essa un potenziale caotico enorme, sempre sul punto di rompere gli argini e travolgere tutto. Come nella Germania nazista, che pure era stata la Terra dei pensatori". Pessimista dunque? "No, ottimista. L'uomo riparte sempre dalle macerie, raccoglie i cocci e li rimette insieme".