Una "gatta da pelare". Un film spiazzante. Un film difficile. Così Valeria Golino racconta gli esordi del suo rapporto artistico con Krzysztof Zanussi per Il sole nero. "Ma è anche il motivo per cui, questo film, lo volevo fare. La storia di Agata gioca con temi, come quello della morte, della vendetta, del male e del bene, trattati in maniera alta, non naturalistica, con sospensioni e modi di recitare al limite dell'aulico, da tragedia greca. Un film talmente rischioso, talmente diverso" ci dice l'attrice ospite insieme al regista polacco del festival di Taormina.

Dalla Grazia di Respiro all'Agata del Sole nero... 
Sono due donne molto diverse. La cosa che le accomuna è una specie di follia: una follia genetica, quella di Respiro; una follia nata per puro dolore, quella di Agata nel film di Zanussi, che perde la ragione, la storia di una pazza raccontata non in maniera naturalistica ma quasi letteraria, attraverso piccoli gesti, poche, profonde parole. In Grazia la pazzia era manifesta, era sua, quasi una specie di libertà nella sua testa, una cosa più misteriosa e leggera, mentre Agata non è un personaggio leggero, è scuro, è sotto un sole nero, lei parla coi morti. Grazia invece parla con le roccie, con la natura, con gli animaletti, coi cani e coi bambini, ha un rapporto sensuale, mentre Agata è tragica. Tragica e scura. Chi mi sta più vicina?

Più concreto il personaggio del capitano della Guardia di Finanza che ha appena interpretato per il nuovo film di Francesca Comencini, A casa nostra.
Una poliziotta. Ma non così semplice. Sono molto curiosa di vedere il film finito. Un film molto corale, con tanti personaggi, una specie di giallo politico, dove si parla di soldi, corruzione, illeciti…

Niente di più attuale
Non è nato per ragioni di cronaca. Però, certo, è diventato un film molto attuale. E il mio è un personaggio molto diverso da tutti quelli che ho interpretato fino ad oggi. E' una donna molto, molto maschile, completamente nuova per me. Mentre nella vita ho una mascolinità e un modo di fare esteriore che di solito non mi viene mai richiesto dai registi - vogliono da me tutt'altro - Francesca, invece, ha tentato di tirarla fuori, questa mascolinità, che le era utilissima, le piaceva molto. Così mi è stato assolutamente naturale interpretare questa poliziotta, che vive anche una storia d'amore molto torturata, diventando nel privato molto vulnerabile. 

Tra qualche mese reciterà un nuovo film con Theo Angelopoulos.
Cominceremo le riprese in ottobre. Conoscevo Angelopoulos, naturalmente, ma molto in modo molto superficiale, perché lui aveva lavorato col mio ex-fidanzato, Fabrizio Bentivoglio, otto anni, ne L'eternità e un giorno. Sono quegli incontri che rimangono nell'aria, com'è accaduto per Capuano, appuntamenti che aspetti guardando l'orologio e domandandoti: "Quanto manca?". Così, sette mesi fa, Angelopoulos mi ha avvicinato, tramite Amedeo Pagani, e mi ha proposto la protagonista del suo film, che non ha ancora un titolo certo, e nel quale reciterò sia in greco - parti che sono state scritte appositamente per me - sia in inglese, perché i miei partner sono Harvey Keitel, Willem Dafoe e Bruno Ganz. E' la storia di un uomo di cinquant'anni (Dafoe), che racconta la vita di sua madre e dei due uomini che l'hanno amata. Tramite questa vicenda molto personale, molto piccola, si racconta una storia d'amore. Sarà girato in Russia, in Germania, in Canada, e coprirà più età: si va dai miei venticinque anni ai settanta, diciamo cinquant'anni di Storia vista e vissuta da queste personcine dagli anni '50 ad oggi. E mi faranno recitare in tutte queste età: 25, 40 e 70 anni. Perché Angelopulos non vuole cambiare attori.

A stretto giro di ciak è all'orizzonte il primo film di Fabrizio Bentivoglio regista.  
Iniziamo tra una settimana esatta. Si intitola Lascia perdere, Johnny. Lo giriamo a Caserta, Capri, Gaeta e Milano. Io girerò soltanto nel sud. Un film molto originale, quasi l'educazione sentimentale e musicale di un ragazzino di diciassette anni nell'Italia degli anni '70, orfano di padre che si attaccherà a vari padri improbabili. Una sceneggiatura bellissima, scritta da lui, da Umberto Contarello e da due alunni del Centro Sperimentale. Sono molto curiosa, molto motivata.