E' stato definito il "Papa mediatico". Giovanni Paolo II è tra tutti i Pontefici moderni quello che più d'ogni altro ha saputo comprendere l'importanza  dei mezzi di comunicazione di massa quale veicolo per avvicinarsi alla gente e ad instaurare con essi un rapporto del tutto speciale. Ne abbiamo discusso con due esperti del settore, Mario Morcellini, direttore del dipartimento di Sociologia e Comunicazione all'università La Sapienza di Roma e Ruggero Eugeni, docente di semiotica dei media all'università Cattolica di Milano.

Sorpresa ed etica per conquistare i giovani
"Dal punto di vista comunicativo quello che colpisce di questo Papa - spiega Morcellini - è la sua capacità di fare sempre la cosa inaspettata. A parità di condizioni, tra quello che prescriveva il rituale e quello che noi non ci saremmo attesi da lui, sceglieva sempre di sorprendere. Questo lo ha fortemente avvicinato ai giovani. Un uomo anziano che parla di valori e che predica cose controcorrente rispetto alla vita giovanile e riesce lo stesso ad ottenere la loro attenzione è un piccolo miracolo. Non dimentichiamo che Giovanni Paolo II non faceva sconti sull'etica. La gente percepiva però che lui non si limitava a dirle certe cose". Per Eugeni nell'operato di Giovanni Paolo II è possibile cogliere "una vera e propria filosofia pratica della comunicazione sociale". Wojtyla "è stato un Papa gramsciano, pasoliniano: i suoi toni comunicativi potevano anche risultare sgradevoli agli intellettuali, ma erano sempre sintonizzati sulla sensibilità popolare. Questo suo istrionismo nascondeva una grande capacità di dare senso ai gesti e al corpo in un continuo investimento comunicativo".

Ogni gesto in funzione dei media
Significativo è l'utilizzo pragmatico dei mezzi di comunicazione di massa del Santo Padre: "Wojtyla non ha usato i media quale megafono per un messaggio già pronto - continua Eugeni -, ma ha costruito il  messaggio in funzione dei media. Un'innovazione scardinante: è stato il primo Papa con una cultura integralmente mediatica. Questo uso popolare e spettacolare del proprio corpo e dei propri gesti si è legato a un uso radicale dei media". Il Pontefice era ben consapevole del loro potere e "non li ha subiti - precisa Morcellini - ma li ha gestiti. Come direbbero i greci li ha usati come un farmaco per correggere le storture della società". Gesti, quelli del Pontefice, già studiati per la cornice mediatica globale: "Pensiamo alla visita alla sinagoga e al suo battersi il petto per chiedere perdono - spiega Eugeni -. Il contenuto si traduce immediatamente in una messa in scena pronta per la trasmissione mediatica. Questo potrebbe quasi essere tacciato di cinismo, ma non è così: è un modo di riconoscere che i media fanno parte della nostra vita, non sono il male. È l'uso dei media che li nobilita o li umilia, li salva o li condanna".

Il silenzio: la chiave per bucare lo schermo
"Giovanni Paolo II ha anche avuto capacità di silenzio di fronte ai media - continua Eugeni -. Questa duttilità gli derivava dalla sua grande umiltà e dalla capacità di ascoltare nei media i segni dei tempi". È proprio in questo sfondo di silenzio che il Papa ha trovato la forza per bucare il video: "Il miglior operatore nel mondo  della comunicazione sociale - prosegue il semiologo - è il mistico: questi impara a dare peso ai gesti, ne fa pesare il senso e dall'altra parte sa ascoltare discernendo, individuando i primi piani e gli sfondi, l'importante e il trascurabile". La grandezza di Karol Wojtyla sta,  secondo Morcellini, "nell'aver usato la comunicazione come modernità, nell'aver usato i giovani per dimostrare che il messaggio della fede non si esaurisce con la vecchiaia e con la morte e nell'aver usato la Chiesa ripristinandola dentro la corrente della Storia".