Il testo integrale dell'intervista sul numero di gennaio-febbraio della Rivista del Cinematografo

"Negli Stati Uniti c'è più senso civico. Se il loro Presidente, pur ignorante e incivile come Bush, chiede un sacrificio loro rispondono. In Italia la parola sacrificio non sanno neanche come scriverla". E' un fiume in piena il Muccino americano, reduce dal suo trionfo negli Stati Uniti con La ricerca della felicità. Espugnato il boxoffice Usa con un primo posto e incassi da capogiro, il regista de L'ultimo bacio porta il suo film in sala dal 12 gennaio, forte anche della nomination che candida Will Smith ai Golden Globes e lo lancia prepotentemente nella corsa agli Oscar. Incredibile, la sua metamorfosi, lo trasforma nella storia in Chris Gardner: squattrinato padre di famiglia, finito in mezzo alla strada, ma capace di riscattarsi, affermandosi nulla come presidente di una grande società finanziaria. "Per come lo trattavo sul set sono stato redarguito più di una volta. Mi dicevano che non potevo, perché era una star. Ma io lo volevo diverso da quello a cui siamo abituati e alla fine ce l'ho fatta".
Alla fine Muccino è stato però ripagato con gli interessi: "Finito Ricordati di me mi sono sentito completamente svuotato. Devo a Will Smith se la mia carriera ha subito una svolta. Mi ha salvato in un momento di profonda crisi creativa". Lontano dal grande schermo dal 2003, sfiora da allora il remake di C'eravamo tanto amati e la riduzione de L'animale morente di Philip Roth, ma di entrambi non si fa poi dal nulla: "Il primo è letteralmente sparito. Morto di morte naturale, come spesso accade con gli americani. Per il secondo, credo sia invece dipeso dal fatto che Al Pacino non si fidava completamente di me. Ci siamo visti più volte, avevo iniziato a lavorare al soggetto e a fare i provini, ma poi è caduto nel dimenticatoio". Proprio da questo fallimento arriva però l'occasione che porta all'incontro con Will Smith: "Durante i provini ho conosciuto Eva Mendes, che aveva visto L'ultimo bacio. Il caso ha voluto che in originale si chiamasse così anche Hitch e, durante le riprese, questa coincidenza l'ha indotta a parlare a Will Smith del mio film". La strategia funziona grazie anche all'intervento del fratello Silvio: "Un giorno mi chiama e mi dice che sul Corriere della Sera c'è un articolo in cui manifesta lintenzione di fare un film insieme. Io l'ho fotocopiato e girato ai miei agenti. E così che siamo finiti a lavorare insieme". Il risultato, racconta, è quello che il protagonista americano chiama "il ruolo più bello della sua carriera"."Poco tempo dopo averlo incontrato - racconta - mi è arrivato il copione di La ricerca della felicità. Sono rimasto davvero sorpreso, da lui non mi aspettavo una storia del genere. Era il contrario di quello che aveva interpretato finora". La concorrenza per strappargli la storia era agguerrita e la stessa produzione si dimostrava preoccupata dal taglio dato alla storia: "Il lavoro non è stato affatto facile. Per capire la realtà dell'economy reaganiana ho fatto tantissime ricerche e interrogato per ore la comunità nera. Tutti gli homeless che si vedono sono per di più autentici, non ho usato attori". Il coraggio ritrovato grazie al successo del film rilancia ora Muccino verso nuovi progetti. Il prossimo, racconta, è un soggetto sulla storia di un bambino che vede la sua vita attraverso i litigi dei genitori: "Una sorta di Kramer contro Kramer - lo definisce - e forse non è un caso". Sempre negli Stati Uniti, si tratta inoltre per lui di un momento di grande popolarità. Proprio di recente, nelle sale americane è infatti arrivato The Last Kiss, remake de L'ultimo bacio con Jacinda Barrett e Zach Braff, che vedremo nei prossimi mesi.