Il Festival di Roma festeggia i 50 anni della Dolce vita e il cerimoniere si chiama Martin Scorsese. Il regista italoamericano, che non era andato a Venezia per accompagnare il suo documentario su Kazan (Letter to Eliah), è piombato invece nella capitale per presentare il restauro del capolavoro felliniano - che sarà proiettato stasera alle 18 in Sala Petrassi, Auditorium - finanziato in parte dalla sua Film Foundation e messo a punto dalla Cineteca di Bologna in associazione con Gucci, Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale, Pathe', Fondation Jerome Seydoux-Pathe', Medusa, Paramount Pictures e Cinecitta' Luce: "Nella mia mente - dice Scorsese - la storia del cinema si divide in due: prima de La dolce vita e dopo. Questo film ha rotto tutte le regole della narrazione. Era una novità. Negli anni '60 c'erano stati dei cambiamenti, veniva abolita la censura, si potevano fare film più onesti. Fino ad allora il cinema di successo era stato quello epico, spettacolare, alla Ben Hur. Fino alla Dolce vita appunto: era la prima volta che un film di livello, intelligente, maturo, d'intensità morale come quello aveva nello stesso tempo un richiamo di pubblico così eccezionale". Un'opera che avrebbe consacrato il genio di Fellini in tutto il mondo e fatto conoscere il suo stile inconfondibile: "L'aggettivo felliniano nasce allora. Come Raffaello, Michelangelo o Caravaggio avevano un loro modo di dipingere, vedendo La dolce vita si intuiva cos'era felliniano: Luci, ombre, nessuna trama. Rifletteva la vita per com'era. Da allora non avrebbe più raccontato una storia lineare ma dipinto murales, affreschi. La storia sarebbe rimasta legata al personaggio, alle atmosfera, all'occhio e alla pettinatura di qualcuno. Un procedimento che avrebbe approfondito col tempo fino a diventare estremo, fellinesque".
De La dolce vita Scorsese non riesce a dimenticare "il personaggio di Mastroianni e lo sguardo dei suoi occhi alla fine del film, uno sguardo d'accettazione, molto bello. C'è qualcosa nell'occhio di Marcello, quando guarda la ragazza, che è insieme tragico e comprensivo. Quanto riflette di noi stessi! Non credo che oggi le cose siano cambiate poi tanto. Gli stessi interrogativi morali vengono sollevati con altrettanta intensità come lui ha fatto nei suoi film". Il rapporto tra passato e presente è la principale preoccupazione dell'attività di Scorsese, il primo a porre il problema del restauro,come ricorderanno coloro che 5 anni fa ascoltarono il suo "sermone" alla prima edizione del Festival: "Non sono un fissato per la storia - dice - ma senza passato non c'è futuro. Per quanto riguarda il cinema, l'unica cosa che possiamo fare è recuperare quei cineasti e quegli stili cinematografici che mi hanno formato e farli conoscere ai giovani. L'unico elemento di verità nella scegliere cosa restaurare e cosa no, è l'impatto emotivo che hanno avuto su di me, e la prova sono i miei film. Se uno è interessato a loro può andarsi a rivedere anche quelli su cui interveniamo".
Ma che influenza ha avuto Fellini nella cinematografia di Scorsese?"Profonda - risponde il maestro -. Ma non saprei spiegarla a parole. L'influenza non ha a che fare con la citazione, ma è qualcosa di molto più sfuggente e profondo". E a proposito del cinema italiano di oggi Scorsese si dice "un osservatore interessato". E aggiunge: "Ultimamente mi sono sentito incoraggiato da film recenti come Gomorra, i film di marra e Io sono l'amore di Luca Guadagnino. E mi hanno anche ispirato. E' una nuova generazione, diverso il loro modo di vedere il mondo. Stanno sviluppando un nuovo stile. Continuerò a seguire il cinema italiano con attenzione". Dopo il festival romano La dolce vita tornerà in 12 sale italiane, distribuito da Medusa. "Due giorni in ciascuna delle sale e a proiezione gratuita. - ricorda l'Ad di Medusa, Giampaolo Letta - Vogliamo che i giovani tornino a vedere questo capolavoro su grande schermo". Per quanto riguarda Scorsese invece, il regista dopo la passerella capitolina, tornerà immediatamente a Parigi dove sta girando il suo nuovo film, The Invention of Hugo Cabret in 3D. Una specie di omaggio ai padri del cinematografo. Il film avrebbe dovuto essere finito a dicembre ma, causa ritardi di lavorazione, probabilmente non sarà terminato prima della fine di gennaio.