"Questa è una storia d'amore con un risvolto particolare: anche Cenerentola aspetta sempre il principe azzurro, in questo caso è un sicario a pagamento". William Friedkin lo sa: il suo Killer Joe, tra i film più applauditi in Concorso dalla stampa, potrebbe trasformarsi in breve tempo in un cult-movie. Non a caso, l'autore dell'omonima pièce teatrale da cui è tratto, Tracy Letts (anche sceneggiatore del film, come il precedente Bug del regista), non nasconde che una delle sue primarie fonti d'ispirazione sia Jim Thompson, autore noir USA per eccellenza (suoi, tra gli altri, The Killer Inside Me e Getaway): "Ma la storia di Killer Joe è anche tratta da un reale fatto di cronaca, avvenuto in Florida, con un ragazzo spacciatore che in combutta con il padre ha deciso di far fuori la madre, dopo che questa gli aveva rubato delle dosi". Nel film di Friedkin - celebrato regista de L'esorcista, Il braccio violento della legge e Vivere e morire a Los Angeles - siamo invece in Texas, ma lo spunto della vicenda non cambia: Cris Smith (Emile Hirsch) decide di ingaggiare Killer Joe (Matthew McConaughey), detective di giorno, sicario di notte, per eliminare la madre e intascare l'assicurazione sulla vita intestata alla sorella minore, Dottie (Juno Temple). Proprio la ragazzina, che vive con il padre (Thomas Haden Church) e la matrigna (Gina Gershon), sarà offerta come "deposito" a Joe fino a che non saranno incassati isoldi dell'assicurazione. Ammesso che arrivino...
"Ho fatto due film in cinque anni - dice Friedkin, che in più di un'occasione ha chiesto ai giornalisti se poteva cantare qualcosa - entrambi scritti da Letts: vediamo il mondo allo stesso modo, le stesse caratteristiche della natura umana, il labile confine tra bene e male e, soprattutto, le stesse derive inevitabilmente divertenti, seppur in chiave dark, che molto spesso alcune situazioni offrono". Certe volte, però, si fa prima a farlo che a dirlo: e per confermare la veridicità di quanto sopra, basterà l'escalation di violenza e perversione con cui Joe (McConaughey nel ruolo della vita) mostrerà il "meglio" di sé verso la fine del film. Un diretto in faccia e una coscia di pollo tra le gambe, per costringere Gina Gershon ad un rapporto orale che va oltre ogni immaginazione: "Il merito - ride Friedkin - è tutto di Tracy Letts! Io ho solo riproposto un passaggio della pièce originaria". "Onestamente non ricordo da dove mi sia venuta l'idea - racconta un po' imbarazzato lo sceneggiatore - probabilmente all'epoca mangiavo tantissimo pollo".