Ghostbusters ha accompagnato tutta la mia esistenza, visto che a sei anni ero sul set del film diretto da mio padre. Lo guardavo mentre lo dirigeva, con Bill Murray, Dan Aykroyd, Harold Ramis che saltavano, volavano, mentre nel cielo volteggiavano marshmallow giganti e altre cose”.

In collegamento da New York Jason Reitman presenta alla stampa italiana Ghostbusters: Legacy, film che domani, 14 ottobre, aprirà Alice nella Città e che dal 18 novembre sarà distribuito (solo al cinema) da Warner Bros. Italia per Sony Pictures.

Producer Ivan Reitman, Carrie Coon, Mckenna Grace, Finn Wolfhard, and Director Jason Reitman on the set of Columbia Pictures' GHOSTBUSTERS: AFTERLIFE.

“Ovviamente l’approccio che ho avuto era di grande timore, i fan che per anni hanno voluto che tornasse un nuovo film sui Ghostbusters non penso avessero l’esigenza che fossi io a dirigerlo, più che altro volevano ritrovare sullo schermo la Ecto-1, lo zaino-protonico e via dicendo”, dice ancora Reitman, che nel 1989, dodicenne, compariva addirittura in un cammeo del sequel sempre diretto dal papà Ivan, scenetta in cui insultava in maniera sprezzante Ray Stantz (Aykroyd) e Winston Zeddemore (Ernie Hudson), acchiappa-fantasmi assoldati per “animare” una festa di bambini.

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“Chissà se un domani quel personaggio lo ritroveremo in uno spin-off della saga in cui interpreta qualche villain” – dice ridendo Reitman a proposito di quell’aneddoto – mentre sul dover riferire al papà che avrebbe diretto questo nuovo film, racconta: “Ero nervoso, ma quando ho trovato il coraggio di dirglielo ha accolto la cosa in maniera positiva (al punto da produrre il film, ndr). Poi gli ho illustrato la figura di Phoebe, ragazzina dodicenne con lo zaino protonico, e quando gli ho accennato al finale ha anche pianto. Recentemente poi, alla proiezione del Comic Con di New York, si è commosso, brillava di orgoglio. Posso dire di aver fatto questo film per lui, per mia figlia, per tutta la mia famiglia”.

Otto film da regista alle spalle (alcuni dei quali notevoli, come Thank You For Smoking, Juno, Tra le nuvole e Young Adult), il 44enne Jason Reitman si mette dunque al timone di un nuovo capitolo della saga sugli acchiappa-fantasmi (slegandosi del tutto dal fallimentare remake/reboot datato 2016), e lo fa cercando di rivolgersi tanto ai nostalgici dell’epoca, noi bambini/adolescenti degli anni ’80, quanto ai nostri figli: “È stato un esercizio di pura narrazione, dovevamo rendere giustizia ad un universo di appassionati. E siamo riusciti a costruire questo nuovo mondo, con nuovi personaggi, partendo da un foglio bianco, riempiendolo con l’entusiasmo che ci ha consentito attraverso l’immaginazione di portare in vita qualcosa con la forza del nostro essere fan”, racconta il co-sceneggiatore Gil Kenan, presente a Roma.

Dedicato ad Harold Ramis – sceneggiatore e interprete del primo, indimenticabile film – scomparso nel 2014 e qui personaggio/assenza chiave (non a caso la versione originale del titolo è Ghostbusters: Afterlife…) che dà il via alla narrazione (e non solo), questo nuovo Ghostbusters è incentrato sulla famiglia Spengler: alla morte del padre, Callie (Carrie Coon) e i figli Phoebe (Mckenna Grace) e Trevor (Finn Wolfhard) si trasferiscono nella lontana Summerville con la speranza di aver ereditato qualcosa in più rispetto alla fatiscente, macabra casa sperduta in mezzo ai campi.

Trevor (Finn Wolfhard) in Columbia Pictures' GHOSTBUSTERS: AFTERLIFE.

Sarà proprio la più piccola, Phoebe, scienziata in erba e nerd quanto basta, a comprendere ben presto che quello che ha lasciato il nonno è qualcosa di ben più complesso rispetto ad un semplice testamento…

“Questo è un film incentrato sui nipoti di un Ghostbuster, giocoforza non parliamo solamente di fantasmi fluttuanti, ma anche metaforici. Non volevamo fare solo un comedy-action-fantasy, ma donare una profondità ai vari personaggi e al loro rapporto con i propri fantasmi”, spiega il regista.

Che naturalmente approfitta del coinvolgimento dei vecchi protagonisti (Murray, Aykroyd, Hudson, Annie Potts e Sigourney Weaver) per rendere ancora più forte e attualizzare quel senso di continuità tra il film di allora e quello di oggi.

“Volevamo catturare la stessa passione che avevamo io e Jason quando arrivò il primo Ghostbusters, nel 1984. Mi ero trasferito in America solamente sette anni prima – dice ancora Kenan – e mi ricordo ancora la sorpresa di ritrovarmi al cinema a ridere ed essere terrorizzato allo stesso tempo. Queste storie anni ’80 erano perfette, perché parlavano come non era mai stato fatto prima alle giovani generazioni, più aperte nel lasciarsi sorprendere dalla magia”.

Muncher in Columbia Pictures' GHOSTBUSTERS: AFTERLIFE.

 

Ed è proprio quel mix unico ad aver decretato, secondo Reitman, il grande successo del primo Ghostbusters: “Uscito in sala, il film è rimasto in testa al botteghino per due mesi consecutivi. Credo che il grande favore di pubblico fosse dovuto al fatto che fosse allo stesso tempo un film comico e un film dell’orrore, un insieme di cose che catturava l’entusiasmo di varie fasce di spettatori”.

E stavolta, anche sulla scia di operazioni recenti che hanno volutamente riportato in auge il fenomeno di un certo filone anni ’80 (da Stranger Things a It – guarda caso entrambi interpretati da Finn Wolfhard – “abbiamo fatto il tipo di film che immaginiamo le persone vorranno poter vedere nel buio di una sala, sul grande schermo. Nostalgico, che riprendesse molte delle tecniche anni ’80, intanto per le persone che hanno amato l’originale, utilizzando non solo la CGI ma ricorrendo anche all’animatronic. Molti dimenticano che all’epoca Ghostbusters venne realizzato con tecniche ed effetti speciali totalmente avveniristici per quel periodo”, conclude Reitman.

If there's somethin' strange in your neighborhood

Who ya gonna call?

Ghostbusters!