La bocca del lupo di Pietro Marcello in concorso, Radio Singer di Pietro Balla e Giallo a Milano di Sergio Basso in Italiana.Doc: sono i tre assi tricolori calati finora alla 27esima edizione del Festival di Torino, eparlano tutti la lingua DOC.
Reduce dal fortunato Il passaggio della linea, Marcello costruisce una potente docufiction su due marginali di Genova, un carcerato e una trans uniti dall'amore, sullo sfondo (materiali di repertorio in gran parte inediti girati dai cinematori) del '900 che se ne va: ineluttabilmente, e con (grande) nostalgia. Affascinante ed empatico mix di oggi e ieri, intimo e pubblico, close-up affettivo e campo lungo sociologico, prende il titolo dal romanzo ottocentesco di Remigio Zena, ambientato a Genova, per salutare un altro secolo, sulle note umanissime di un melò costruito nell'emarginazione, ambito in cui opera la Fondazione San Marcellino dei gesuiti, produttori con Indigo e L'Avventurosa.
Sempre in delicato e prezioso bilico tra attualità e storia recente, Radio Singer di Pietro Balla ritorna al '77, quando la multinazionale Usa Singer sta chiudendo la fabbrica di Leinì, nonostante gli scioperi e le lotte degli operai, anche culturali con Guccini, Milva, Dario Fo e Franca Rame a fare da supporter. Il megafono della protesta, Radio Singer, una delle prime emittenti libere italiane, viene a mancare il primo ottobre, insieme alla sua ultima voce, Maddalena, la compagna di Balla. Lo stesso giorno, alla fine di un corteo per le strade di Torino, alcune molotov vengono lanciate nel bar Angelo Azzurro di via Po: un ragazzo viene avvolto dalle fiamme, e rimane seduto su una sedia di plastica... Dopo ThyssenKrupp Blues, da cui parte questo doc, Balla va a ritroso per capire "dove è cominciato questo orrore (Berlusconi, crisi economica), perché tutto è cominciato dentro di noi" e lo fa attingendo anche da dolori privati per cercare di "spiegare" il vulnus attuale, rintracciando l'onda lunga del declino del movimento operaio, il terrorismo, la perdita della voce e dell'impegno collettivi.
Da Torino e hinterland a Milano, zona Paolo Sarpi: il regista Sergio Basso si addentra nella Chinatown, una delle più antiche ed estese d'Europa, per tratteggiare un giallo antropologico, indizio dopo indizio, prova dopo prova, incontro dopo incontro, e senza volontà forcaiole portare sul banco degli imputati i nostri pregiudizi e la nostra indifferenza. Scoprendo un universo complesso, sconosciuto e sicuramente sorprendente, un Giallo a Milano da vedere tutto d'un fiato, e leggere tra le righe.
Deludenti, viceversa, i due lungometraggi fiction nazionali in cartellone a Festa mobile: La straniera di Marco Turco, affaire italo-marocchino tra Naghib l'architetto e Amina la prostituta, e La cosa giusta di Marco Campogiani, triangolo tra i poliziotti Paolo Briguglia ed Ennio Fantastichini e un tunisino sospettato di terrorismo. Oltre al protagonista Ahmed Hafiene e il setting torinese, i due film condividono sciatteria stilistica, esorbitanti debiti alla tv e, spiace dirlo, sceneggiature che non fanno un buon servizio né al cinema, né all'integrazione. Improbabile non fa rima con multiculturale.