Curioso caso quello di Habana Blues: un film che parla della Cuba più autentica e sconosciuta, ma diretto da uno spagnolo, Benito Zambrano, alla sua opera seconda dopo l'acclamato Solas (ancora inedito in Italia). Il film - già presentato a Cannes e in uscita nelle nostre sale il 18 novembre distribuito dalla Warner Bros. - segue la vicenda di due amici e musicisti, Ruy e Tito, che sognano di diventare famosi e lasciare L'Havana. L'occasione arriva quando due produttori spagnoli giungono in città in cerca di artisti emergenti. Animati dallo stesso desiderio, i due sono però divisi da un diverso sentimento verso il loro paese: di odio Tito, di amore Ruy. Questo condizionerà le loro scelte e il rispettivo futuro. "Sono gli stranieri a fare i migliori film su Cuba perché se vivi in un posto a stretto contatto con una certa realtà non sempre riesci a coglierne la bellezza e poi a Cuba la produzione è molto limitata" dice il regista, a Roma insieme ai due protagonisti Alberto Joel Garcìa Osorio (nel film è Ruy) e Roberto Sanmartin (Tito).  "Habana Blues è diverso dai soliti film su Cuba che colgono solo l'aspetto folkloristico della musica cubana, quello della salsa e dei balli latinoamericani, e parla invece della musica underground cubana" continua Zambrano. Si tratta di un genere musicale che attrae poco l'attenzione dei discografici. "Dopo il successo di Buena Vista Social Club - spiega - le grosse case discografiche hanno mandato i loro uomini sull'isola, ma quasi sempre erano interessati a un genere più commerciale come l'hip hop. Nessuno pensa di andare a Cuba per cercare il rock". Girare un film lì non è una cosa semplice, c'è bisogno di un permesso, la sceneggiatura deve passare il vaglio della censura, occorre coinvolgere anche un produttore locale e spesso sul set si aggirano dei vigilanti governativi. "Se il film alla fine trasmette comunque un'immagine negativa dell'isola non esce - spiega Zambrano -. Ma in genere sono i film realizzati dagli stessi cubani a creare problemi al governo di Castro, a nessuno straniero verrebbe in mente di andare a Cuba per girare un film che parli male di Cuba". Finora Habana Blues è stato visto soltanto all'estero e sull'isola sarà presentato a dicembre durante il festival de L'Havana, ma sulle possibilità di successo del film i due interpreti si dicono piuttosto pessimisti: "Habana Blues riflette molto bene quella che è la realtà cubana - spiega Sanmartin, al suo debutto sul grande schermo, ma figlio di una nota attrice locale - ma sono sicuro che al festival lo faranno vedere negli orari più assurdi e se anche dovesse uscire lo proietteranno in una o due sale periferiche".  E' un tipo di censura "più sottile" gli  fa eco Osorio. Entrambi si dicono tuttavia innamorati del loro paese e nessuno dei due sarebbe disposto, come alcuni dei personaggi, a tradire i propri valori per il successo o ad abbandonare Cuba per non tornarvi più. "Sono convinto che prima o poi le cose cambieranno - conclude Zambrano - e Cuba tornerà ad essere quella che era prima della Rivoluzione perché dispone di grandi risorse umane e di un grande potenziale turistico. Sarà sempre un paese povero e costretto a dipendere da altri paesi, ma non sarà più un postribolo degli Stati Uniti".