Dieci anni fa, nel 2008, è stata incoronata Miss Italia. Oggi è tra le attrici più richieste della sua generazione: Miriam Leone, classe 1985, si sente però tutt’altro che “arrivata”. Non è “falsa modestia”, ma capacità di sentirsi ancora “grata per essere riuscita a fare di una vocazione il mio mestiere”. Entrata nelle case degli italiani grazie a “Uno Mattina”, la ragazza si è via via saputa (tras)formare in attrice, alternando cinema e televisione senza mai "parteggiare" né per l’uno né per l’altra.

“Dieci anni è un percorso importante per qualunque essere umano. Rispetto ai miei vent’anni, oggi mi sento più serena, più gentile verso me stessa, permettendomi di sbagliare senza quell’ansia di precisione a tutti i costi che avevo a suo tempo. Sono un essere umano che sa sbagliare, diciamo, senza disperarsi”, dice Miriam Leone, che dal 15 marzo sarà nelle sale italiane al fianco di Fabio De Luigi in Metti la nonna in freezer, commedia diretta da Giancarlo Fontana e Giuseppe M. Stasi.

Miriam Leone e Fabio De Luigi in Metti la nonna in freezer

Lei interpreta Claudia, una giovane restauratrice che vive grazie alla pensione della nonna (Barbara Bouchet). Quando la nonna improvvisamente muore, per evitare la bancarotta, Claudia, con la complicità delle sue amiche (Lucia Ocone e Marina Rocco), pianifica una truffa per continuare ad incassare la pensione… Casualità vuole che nella sua vita entri il più incorruttibile dei finanzieri, Simone Recchia (De Luigi), tanto zelante sul lavoro quanto maldestro in amore.

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In che momento della carriera arriva questo film?

Già la parola “carriera”, di per sé, indica una continua crescita: qualcosa che si muove in qualche direzione. E in questo caso, per la prima volta sono protagonista di una commedia insieme a Fabio De Luigi, attore che ho sempre stimato e verso il quale mi sento in parte debitrice per le tante risate che mi ha fatto fare nel corso degli anni. Tornando al film, lo reputo un banco di prova importante, anche perché nel nostro mestiere ogni volta è una prima volta.

Passi con disinvoltura da ruoli leggeri a ruoli di grande spessore drammatico (come nelle serie 1992, 1993 e Non uccidere), anche se finora il cinema – eccezion fatta per Fai bei sogni di Bellocchio – sembra averti saputo coinvolgere solo per quanto riguarda le commedie.

In realtà credo che il percorso sia un unicum, tasselli che sono riuscita a mettere insieme prendendo quello che mi si prospettava. Alcune scelte fatte anche con incoscienza, altre cose arrivate per casualità. Lascio molto correre, ma sento di poter dire che sono stati dieci anni di gavetta fatti con gioia. Dieci anni di sopravvivenza, ma anche di grandi soddisfazioni, che prendo con gratitudine, dietro c’è sempre l’impegno ma anche la voglia di non prendersi troppo sul serio, di non annoiare prima di tutto me stessa. Non è scontato riuscire a fare della propria vocazione il proprio mestiere. Ne sono consapevole e anche per questo non mi cullo sugli allori, guardo sempre a chi è più bravo, migliore di me, per fare passi in avanti.

L'intervista integrale è sul numero di marzo della Rivista del Cinematografo.

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