"Per recitare bisogna sottrarre, togliere, come fa uno scultore". Risate, scuola di recitazione ed emozioni. Intorno a queste tre cose, ieri sera, è ruotato l'incontro tra Carlo Verdone e Toni Servillo, "mattat(t)ori" a confronto nel consueto appuntamento organizzato dalla sezione L'Altro Cinema/Extra di Mario Sesti, dove due registi o due attori si ritrovano per parlare uno dell'altro, scegliendo e commentando spezzoni preferiti dei film del collega. "La passione per Carlo è quella dovuta ai grandi artisti capaci di alleggerire le tristezze del mondo, nella tradizione dei comici capaci di maschere indimenticabili", dice Servillo di Verdone il quale, di rimando, riconosce al collega "la capacità sublime di riprodurre in dettaglio la fragilità delle persone. Io muovo in una scena la faccia mille volte, a lui bastano solo sei-sette volte. Film come Gomorra e Il Divo - aggiunge - sono grandi lavori ma c'è anche l'attore che fa la differenza".
Risate e applausi a scena aperta poi, quando sullo schermo arrivano le scene de L'amore è eterno finché dura, C'era un cinese in coma e il monologo di Servillo/Andreotti nel Divo di Sorrentino, spazio ad aneddoti curiosi (come quando Verdone ricorda le telefonate di amici e conoscenti all'uscita di Compagni di scuola: "Mi lasciavano messaggi tipo 'Ma perché sei così depresso?' o 'Ce stanno troppi personaggi, tu dove stai?'...") e riflessione politica alla fine dell'incontro, quando lo stesso Verdone commenta l'ipotesi delle classi scolastiche separate per nazionalità: "La divisione non è mai cultura, dividere le persone per nazionalità come si pensa di fare oggi non è certo una cosa buona".