“L'idea di fare un ritratto di un amico che non c'è più è stata la molla. Ho cominciato a cucire le parole che avevo disseminate in una marea di riprese. Volevo che fosse un ricordo per un amico”. Così, racconta il regista Giancarlo Soldi, è nato Come Tex nessuno mai, omaggio cinematografico al grande fumettista ed editore Sergio Bonelli, scomparso nel 2011, presentato in anteprima assoluta ieri sera al Milano Film Festival. “Quando è mancato - continua il regista - mi sono detto, c'è bisogno che rimanga qualcosa di lui. La prima intervista a Bonelli è di almeno 11 anni fa e l'ultima un mese prima che morisse. Sono interviste che per il 90% non ho mai utilizzato per altri documentari sui fumetti perché sono private ed esulano dal racconto degli eroi”. Oltre alla voce di Bonelli ci sono anche molti amici, appassionati, cresciuti con i fumetti della casa editrice: da Bernardo Bertolucci a Milo Manara, da Steve Della Casa a Tiziano Sclavi, da Mauro Boselli a Ricky Tognazzi.
Tex era il sogno italiano anni '50 dell'avventura americana ed era Gianluigi Bonelli, che portava stivali da cow boy, sulla scrivania aveva sempre il cappello e “quando entrava in un bar pagava sempre da bere a tutti, come Tex nel Saloon”. Casa Bonelli era redazione e casa editrice, tra il tinello e il salotto c'era un Old Wild West casalingo fin dal ‘48, più di quanto non sia durato quello storico. Come Tex nessuno mai mette anche a confronto i due ranger: quello di Bonelli padre, eroe puro, mai un'incertezza o paura, e quello meno invincibile e più umano di Bonelli figlio. Giancarlo Soldi ripercorre la storia della cultura del fumetto in Italia attraverso una delle più grandi imprese editoriali del nostro paese.
Pomeriggio tropicale, invece, tra l'Oberdan e lo Strehler, con due lungometraggi sudamericani. Se la Playa D. C. mostrava la lotta per la sopravvivenza dei ragazzi afrocolombiani nella metropoli (Bogotà), Chocó, di Jhonny Hendrix Hinestroza, mostra l'altro lato del cielo, il punto di vista di una donna afrocolombiana che vive in un piccolo villaggio vicino ad una miniera circondato da una natura rigogliosa e incontaminata. La sua vita non è facile: ha un marito musicista alcolizzato e violento, due bambini da crescere e uno stipendio da guadagnare. “Chocó è un ritratto profondo - dice il regista - su coloro che vivono in una terra dimenticata; è una metafora sulla ricchezza di questa terra e sull'abuso che ne deriva. La storia mescola dramma, amore e toni comici, come accade nella vita reale”.
Dalla Colombia al Brasile per assistere alla rivoluzione tropicalista di Gilberto Gil e Caetano Veloso in Tropicália di Marcelo Machado. Alla fine degli anni '60 il suono rivoluzionario usciva dalla televisione ed era quello di Os Mutantes, Tom Zé, Gal Costa, Gil e Veloso, quello dell'avant-garde che sfidò la dittatura militare. Machado, dopo cinque anni di ricerche e migliaia di immagini di repertorio, restituisce lo spirito di un'epoca, i sogni e l'impegno politico del movimento tropicalista attraverso le testimonianze dei suoi protagonisti. “E' sempre stata un'ossessione per me - dice Machado - ho dovuto documentarlo perché dovevo assicurarmi che le nuove generazioni potessero conoscere questa storia”.