“Io sono malata di immaginazione, amo costruire mondi e raccontare storie. I produttori mi hanno chiesto di trasformare il romanzo di Deborah Ellis in un cartone animato. Il libro ha una costruzione ad albero, che permette di seguire più strade e dare vita a interpretazioni sempre nuove. Dovevo trovare un filo conduttore che ci potesse accompagnare in questo viaggio, così ho scelto il punto di vista di una piccola afgana, che deve confrontarsi con le sue paure”.

La sceneggiatrice canadese Anita Doron presenta The Breadwinner, il film di apertura di Alice nella Città, la sezione parallela e autonoma della dodicesima Festa del Cinema di Roma.

Anche Angelina Jolie ha preso parte al progetto, come produttrice. “Quando ha letto la sceneggiatura è rimasta subito molto colpita. Ci siamo messi a lavorare, avevamo la stessa visione, le stesse idee”. Per la prima volta è stato proiettato al Festival di Toronto, a cui è seguito un incontro con il pubblico. “Mi ricorderò sempre cosa ha detto Angelina Jolie a una ragazzina seduta in prima fila: devi essere sempre coraggiosa. Dobbiamo aprire il nostro cuore alla curiosità. Mi è scesa una lacrima, eravamo tutti molto commossi”.

The Breadwinner, diretto da Nora Twomey, è un film di animazione che si rivolge non solo ai bambini, ma anche agli adulti. Racconta la storia di Parvana, una ragazza di undici anni che vive a Kabul in Afghanistan, sotto il regime dei Talebani. Suo papà lavora in un mercato rionale, dove legge le lettere a coloro che non sono in grado di farlo. Un tempo era un insegnante, ma la sua scuola è stata distrutta dai bombardamenti.

Un giorno viene ingiustamente arrestato, la famiglia cade in disgrazia e non ha più neanche un piatto di minestra per la sera. Alle donne è proibito lavorare, così Parvana, per non morire di fame, si traveste da ragazzo e si fa carico della madre, delle sorelle e del fratellino. Il ricordo delle favole che una volta le raccontava suo padre le dà forza. E’ intrepida, perseverante, e non esita a mettere a repentaglio la propria vita per scoprire se sia ancora vivo.

“Quando scrivo mi sento come un animale selvatico, perché i cartoni animati danno una grande libertà. Stimolano le sorprese e la voglia di scoprire. Non ci sono problemi di budget e tutto è possibile. L’innocenza è alla base di ogni nostra fantasia. Bisogna essere onesti con se stessi e con il pubblico”, aggiunge Anita Doron.

Infine ci racconta di come è entrata nel mondo del cinema. “Sono cresciuta in Unione Sovietica. Avevo dodici anni, quando il fiume che scorreva nel mio paese si è prosciugato. Ho capito che dovevo farlo diventare un film, dovevo scoprire cos’era successo. Io e un mio amico ci siamo messi all’opera con una cinepresa amatoriale. Fermavamo la gente per strada, ma solo gli ubriachi rispondevano alle nostre domande. Eravamo troppo invadenti e la polizia ci ha invitato a smettere, se non volevamo far licenziare i nostri genitori. L’acqua era stata bloccata dai rifiuti delle discariche, ma nessuno lo doveva sapere. Noi non abbiamo mollato e oggi sono qui a parlare con voi”.