Da Weimar a Los Angeles. Dalla notte del nazismo al sole di Malibu. La retrospettiva della 63. edizione della Berlinale di quest'anno (7 – 17 febbraio), "The Weimar Touch – The International Influence of Weimar Cinema after 1933", organizzata dalla Deutsche Kinemathek in collaborazione con il Museum of Modern Art di New York, segue le tracce e ricostruisce quell'immenso esodo di cineasti, artisti e maestranze tedesche, quasi tutti ebrei, in fuga dalla Germania dal 1933 con un biglietto di sola andata per la California.
Una retrospettiva-evento per capire quello che è successo ottant'anni fa; perché a Hollywood è improvvisamente nata l'industria di intrattenimento numero uno al mondo. Che periodo folle, pulsante, scioccante, quei quindici anni di Repubblica di Weimar, tra il 1918 e il 1933. I folli massacri della Prima Guerra Mondiale macerano le ossa di una generazione di europei. Nella società e nell'arte i vecchi ordini sono investiti da movimenti tettonici di una misura mai conosciuta prima. Le avanguardie spazzano via gli ultimi resti del passato. Da un lato. Dall'altro, è una povertà nuova e implacabile a trasformare in sopravvivenza la vita di tutti i giorni di un europeo su due. Negli anni d Weimar nasce anche il cinema, e si vede. La nuova arte scoppia di energia, nervosismo, inquietudine. Il mondo sta finendo nuovamente fuori controllo, e il cinema lo accompagna sull'orlo dell'abisso.
33 pellicole divise in cinque sezioni, restaurate, rimasterizzate, rivedono la luce del mondo. Capolavori di Max Ophüls, Fritz Lang, Max Reinhardt, Robert Siodmak, Henri Georges Clouzot, Orson Welles, Billy Wilder. Per il Direttore della Berlinale Dieter Kosslick, "la rilevanza sociale e artistica del cinema è diventata evidente in tutta la sua forza nei primi anni della Repubblica di Weimar. Nel cinema di quell'epoca il seme di Hollywood e dell'arte cinematografica tout court". Incredibili, chiarissime, rivelatorie le tracce di influssi stilistici dei registi di Weimar sulle tre generazioni successive di cineasti di tutto il mondo. Dopo decenni sul grande schermo torna il capolavoro del 1936 di Paul Martin Glückskinder, uno dei rarissimi esempi di "schegge" di Weimar rimaste nella Germania di Hitler. Così come le pellicole della coppia di cineasti degli anni d'oro in Germania, Lilian e Willy Fritsch. Una rivelazione trovare così tanti frammenti Weimariani nell'inventore della commedia sul grande schermo Ernst Lubitsch. Senza il "Lubitsch touch" l'epoca d'oro della grande commedia americana sarebbe stata un'altra cosa. Sotto il sole della California tra il '30 e il '33 si ritrovano quasi tutti i weimariani fuggiti dall'Europa. Sono loro a fondare i grandi Studios, da Universal a Metro Golden Mayer. Capitolo a sé è il più vicino e grande dei seguaci di Lubitsch: Billy Wilder. Quanto cabaret berlinese pervade le sue commedie capolavoro! Come quella en travestie con Marilyn Monroe, A qualcuno piace caldo (1959). Altre corde e atmosfere nella stupenda sezione "Dark Side", quella dedicata alla suspence tra noir e horror. Capolavori di Weimar quali Caligari o Dr. Mabuse sono antesignani dell'horror di genere. Come il Nosferatu di Friedrich W. Murnau (1922); o il dramma con serial killer di Robert Siodmak Pièges (1939), girato questo a Parigi, sulla via per Los Angeles. Immagini dense, immerse nella suggestione di luci basse e ombre, raccontano di una vita quotidiana trasfigurata in orrore. Come nell'altro capolavoro di Fritz Lang Eine Stadt sucht einen Mörder o l'altro, l'immenso successo, questo già americano, di Lang: Fury. Atmosfere che faranno grande Hollywood, atto di nascita del noir americano, il prodotto hollywodiano da esportazione numero uno al mondo in quegli anni. Ottima la sezione "Variations", con remake e variazioni anni '50 della filmografia Weimariana; dal classico di Lang M (del 1931) rifatto da Joseph Losey nel 1951, al grande successo di quegli anni First a Girl (fatto in Gran Bretagna nel 1935) di Victor Saville, ispirato al capolavoro di Reinhold Schünzel Viktor Viktoria (Germania 1933). Di "Weimar Touch" parla anche il senior curator del MoMA Laurence Kardish, alla presentazione della retrospettiva, che da aprile sarà ospitata al Museum of Modern Art di New York: “Non c'è grande regista o autore a Hollywood che non abbia il suo debito di riconoscenza nei confronti del cinema Tedesco di quegli anni. Senza la magia, le ispirazioni, le tecnologie di Weimar, Hollywood non sarebbe mai nata. Questa mostra-retrospettiva non parla solo di cinema, ma di quello che siamo, americani ed europei".