Il doloroso confronto con interrogativi e scelte esistenziali comuni ad ogni essere umano. Questa, nelle parole di Saverio Costanzo, la tematica universale che affronta il suo toccante In memoria di me, sul travaglio di un novizio in procinto di ordinarsi gesuita. Unico italiano in concorso al recente Festival di Berlino, il dramma intimista - in sala dal 9 marzo -, stupisce per forza ed efficacia con cui tratteggia il percorso interiore di un giovane e dei suoi compagni, al bivio con una scelta di vita così radicale. "Non vuole affatto essere un film religioso - mette subito in chiaro Costanzo. - Gli interrogativi dei protagonisti sono quelli che io stesso mi pongo continuamente. Uguale che si tratti di matrimonio, famiglia o qualsiasi altra scelta esistenziale: quello che volevamo testimoniare è una lotta umana universale".
Errato, sottolinea il registo, considerare il film una rottura rispetto al precedente Private con cui aveva vinto il Pardo d'Oro a Locarno nel 2004: "A portarmi a questa tematica difficilissima è stato proprio il desiderio di proseguire lo stesso discorso. Se il contesto era allora quello di una famiglia palestinese tenuta ostaggio dei soldati israeliani, la sfida è stata questa volta tornare a parlare di libertà, ma dalla prospettiva dell'autorinuncia". Alle spalle del film, ottimamente interpretato dal bulgaro Christo Jivkov, insieme al tedesco Andre Hennicke e agli italiani Filippo Timi e Marco Baliani, è il libro Il gesuita perfetto di Furio Monicelli. Ispirato allo stesso noviziato dell'autore, fra il 1952 e il 1953, è stato con lui stesso rielaborato per arrivare alla sceneggiatura: "I personaggi vengono tutti da li - racconta Costanzo -, ma molto è stato ritoccato o aggiunto in accordo con lui".
Rigore della narrazione, fotografia e uso delle musiche sono tutte al servizio di un tratteggio dettagliato del tormentato percorso interiore dei protagonisti: "Il nostro tentativo - spiega Costanzo - era proprio quello di illustrare la sofferenza di uno stato emotivo sempre sull'orlo di un abisso interiore". A ribadire l'attualità del tema, il recente successo de Il grande silenzio, che il tedesco Philip Groning aveva ambientato all'interno di un monastero: "Non c'è stata ispirazione diretta, ma di certo ne abbiamo dibattuto molto. Credo che In memoria di me sia tutt'altro che anacronistico. La ricerca di silenzio e valori superiori è sempre più urgente nella società di oggi". A ribadire importanza e universalità dei temi trattati è poi l'italiano Marco Baliani, che affianca il protagonista Jivkov nel ruolo di un novizio in profonda crisi esistenziale: "Si tratta di un film d'amore, che ruota intorno all'interrogativo di chi siamo e che cosa stiamo facendo, per indagare il perché si possa arrivare a una scelta di vita così estrema. La risposta è probabilmente la ricerca di qualcuno che ci ami incondizionatamente, per restituire a noi per primi la possibilità di amare". Parla da ateo, Baliani, eppure racconta di aver provato una grande emozione sul set: "Impossibile rimanere indifferenti. Girare questo film è equivalso a intraprendere un percorso interiore. Siamo stati tutti profondamente toccati".