Finalmente il giorno di Penélope Cruz. Attesissima alla Berlinale, la musa di Almodovar convince al festival nel toccante Elegy, che la catalana Isabel Coixet ha ispirato a L'animale morente di Philip Roth. Dramma su vecchiaia, solitudine e paura dell'amore, il film che uscirà in Italia per la 01 Distribution riporta in concorso la pluripremiata regista de La vita segreta delle parole a cinque anni da La mia vita senza me. Al centro della vicenda, ottimamente interpretata dalla spagnola insieme a Ben Kingsley, è come nel romanzo la tormentata relazione fra un cinquantenne professore universitario e una sua giovanissima studentessa: "Più che la differenza di età - spiega la Cruz - il vero fulcro del film sono le paure che vivono entrambi. I trent'anni che li separano altro non sono che un pretesto per mascherarle". Irresistibile sullo schermo nei panni di un'appassionata cubana, l'attrice spiazza poi la stampa con le sue dichiarazioni sulla vecchiaia: "Non mi mette affatto paura - dice avvolta da uno scollatissimo vestitino nero -. Non vedo anzi l'ora di scoprire che effetto fa e questo perché non voglio morire. Voglio vivermela tutta fino alla fine".
Fra i temi portanti del film, la difficile accettazione dello scorrer del tempo torna poi nelle parole del 64enne compagno di set, già nell'83 premio Oscar per la sua interpretazione in Gandhi: "Recitare è un'esperienza rigenerante. Fare questo lavoro offre il privilegio di attingere a sempre nuove energie. Ci sono poi donne che trasmettono un senso di immortalità e Isabel e Penélope sono fra queste". Così non va al suo David Kephesh del film: dongiovanni cinico e impenitente, che dal suo divorzio di trent'anni prima consuma donne e rapporti, per non legarsi realmente a nessuno. A rimettere in discussione tutto è però l'incontro con la bella Consuelo, studentessa che venera come un'opera d'arte e che lo mette a confronto con gelosie e insicurezze per lui sconosciute: "La vera grande scoperta che fanno - spiega l'attore - è quella di stare sullo stesso livello. Amore e intimità hanno una tale forza equalizzatrice, da cancellare ogni differenza d'età. E lo fanno a tal punto, da condurre a quell'ambiguità, che è la vera forza del libro e del film: l'incertezza su chi dei due, sia alla fine l'animale morente del titolo".
All'origine di tutto è l'immenso amore che Penélope Cruz e Isabel Coixet dichiarano a Philip Roth e alla sua opera: "Da ammiratrice sfegatata, avevo letto L'animale morente appena era uscito. Ho subito pensato che farne un film sarebbe stato difficilissimo, ma quando mi hanno sottoposto il copione ho trovato che lo affrontasse dall'unica prospettiva possibile". Tradimento inevitabile, quindi, per cui la regista ha però sempre tenuto a mente l'accorata richiesta dello scrittore: "Philip non ha mai voluto leggere la sceneggiatura, ma durante la lavorazione del film ci siamo sentiti spessissimo. Il giorno prima delle riprese mi ha chiamata e si è limitato a dirmi: 'Ricorda soltanto una cosa: che il corpo ha più memoria della mente'. A questa indicazione mi sono rifatta, per cogliere e rispettare lo spirito del libro". Fisicità e rapporto col corpo sono infatti centrali nella tormentata parabola di Kempesh e della sua ex alunna: gli appassionati incontri fra i due non cancellano però il dissidio interiore dell'uomo. La ama come mai nessun'altra e proprio per questo vorrebbe lasciarla. Ma quando poi la convoca per comunicarglielo, la contraddizione esplode ancora più forte, tramutando l'addio nella proposta di un viaggio a Venezia.
Alla separazione che ribadisce la paura di amare del protagonista, segue poi una terribile malattia, che riunisce i due protagonisti sul finale del film. "La considero un'importante prova della vita - dice la regista -, ma non è certo il fulcro della storia. Se poi è un tema che ricorre nella mia cinematografia è perché appartiene alla mia geografia emotiva. Avrei anche provato a fare una commedia, ma non è proprio nelle mie corde. Ricado sempre nella tentazione di esplorare l'animo umano e questa volta l'ho fatto parlando di amore, immortalità e perdita della bellezza". Esplorazione che la Coixet proseguirà presto addirittura in Giappone. Intitolato The Sound-Map of Tokyo, il film potrebbe portarla a lavorare nuovamente con Penélope Cruz. Del progetto, che sarà girato per metà in inglese e metà in giapponese, non dice di più, se non che sarà incentrato su un uomo che "colleziona donne e rumori della città".