Ribelle, solo, senza peli sulla lingua. "E' un ragazzo fuori che ce l'ha fatta" ed è poi rimasto vittima di sé stesso e della cocaina il Maradona che emerge dal ritratto di Marco Risi. Emblematico il titolo scelto per il film, nelle sale dal 30 marzo con circa 150 copie: "La mano de Dios - spiega il regista di Mery per sempre e Ragazzi fuori - non allude soltanto al celebre gol di mano segnato all'Inghilterra durante i Mondiali di Messico '86. E' anche un riferimento alla mano di Dio, che dà e toglie proprio come accaduto a lui: un uomo e un calciatore che ha ricevuto tantissimo, ma si è poi trovato a perdere tutto". Una parabola che il film ricostruisce dall'infanzia e i primi calci al pallone tra le catapecchie e la terra rossa di Villa Fiorito, fino all'arresto per droga e la squalifica per doping, che ha chiuso la carriera del "Pibe de oro" a Usa '94: "Non mi interessava raccontare la sua storia tout-court - racconta Risi -. Quello che mi ha colpito della sceneggiatura è stato soprattutto il conflitto interiore di questo personaggio. Un uomo geniale, ma tempo tempo stesso fragilissimo e incapace di gestirsi e vivere la sua quotidianità. Capisco che la sua dipendenza dalla droga non ne faccia un modello, ma l'unico a cui ha in fondo fatto del male è stato se stesso".
Ascesa e rovina di Maradona emergono nella storia da una serie di flashback, che partono dal Capodanno del 2000 a Punta del Este, alternandosi alle prime prodezze del Dieguito bambino con le Cebollitas di Villa Fiorito. Fin dalle prime scene compaiono prepotenti la cocaina e i suoi devastanti effetti sul campione argentino. Quello che vediamo trascinarsi e respirare a fatica fino a stramazzare al suolo è un'impietosa ombra di 130 chili, del fenomeno capace di incarnare il riscatto di un Paese intero, scomodare paragoni con Pelè e guadagnarsi a Napoli il titolo di "'O Re" a suon di scudetti e successi internazionali: "Maradona non si è detto interessato al film. L'ho incontrato una volta sola e si è limitato a dirmi che gli bastava fosse d'accordo l'ex moglie Claudia, che ora ne cura gli affari. All'inizio lei era in effetti contraria, ma poi siamo riusciti a vincere le sue perplessità. Delle note che aveva apportato alla sceneggiatura, abbiamo accolto soprattutto quelle che riguardavano gli aspetti privati e familiari della storia. Alla fine ha comunque visto il film e non porrà alcun veto. L'unico problema potrebbero essere le resistenze della figlia Dalma, ma non credo rappresenteranno un ostacolo neanche per la distribuzione in Argentina".
Nonostante questo, racconta Risi, in un primo momento si era sfiorato il coinvolgimento dello stesso Maradona: "Avevo pensato una scena finale, in cui avrebbe dovuto apparire in smoking bianco e poi stoppare una palla infangata. Un'immagine emblematica del suo amore e la sua dedizione per il calcio, a cui lui ha invece risposto con una controproposta. Avrebbe voluto comparire e leggere un messaggio per le figlie, ma poi l'ultimo giorno di riprese lo abbiamo aspettato invano: sul set non si è presentato". Un carattere difficile e un lacerante tormento interiore, che il regista ha riscontrato anche in occasione del suo unico incontro col calciatore: "Eravamo a casa di Salvatore Bagni, il 24 luglio del 2005. Con noi c'erano anche Gianni Minà, Zaccheroni e altri amici. Quando Maradona si è affacciato da dietro una colonna, ho subito avuto l'impressione di una persona intelligente, curiosa, attorniata da tanta gente, ma ancora profondamente sola. Aveva perso più di 30 chili, ma non il coraggio di continuare a dire la sua. Una delle cose che mi ha colpito di più è stata la sua straordinaria coerenza. Quasi trent'anni dopo continuava a non pentirsi del gol di mano all'Inghilterra. Lo considerava una rivincita, quasi un atto di giustizia per l'appropriazione inglese delle Malvinas. 'Rubare ai ladri non è reato', diceva".
Più dell'aspetto sportivo, affidato a scarne immagini di repertorio, dal film emergono infatti le laceranti contraddizioni di un uomo, diviso fra un genio calcistico ineguagliabile e l'incapacità umana di gestire il successo: "Maradona è stato senza dubbio il più grande campione di tutti i tempi. Meglio di Pelè e di chiunque altro. Oliva, il medico sportivo che l'ha curato dopo l'infortunio al Barcellona, sosteneva che avesse una capacità di coordinamento fra pensiero e azione unica al mondo. La cocaina che l'ha rovinato non la prendeva per giocare meglio. Anzi. E' stata il rifugio a cui sempre più si è affidato, quando ha sentito che stava perdendo la sua più grande dote". A interpretare il Maradona maturo è nel film Marco Leonardi. A coinvincere Risi della scelta è stata la caparbietà con cui si è proposto l'attore, fra l'altro noto noto per il messicano 'Come l'acqua per il cioccolato': "In principio cercavo un argentino e avevo già fatto numerosi provini - racconta il regista -. Quando lui ha avuto la sfacciataggine di dirmi 'Maradona sono io', ho scoperto che effettivamente era così: stessa corporatura, uguali trascorsi da calciatore, anche lui mancino. Non potevo dire di no". Da semplice spettatore e appassionato, anche Leonardi ha poi finito per restare affascinato dal personaggio Maradona: "E' stato un leader, un ribelle, uno che non ha mai avuto paura di dire la sua. Del suo altruismo e del suo atteggiamento parlano anche le azioni che l'hanno reso celebre: quante volte, in campo, ha messo seduto anche il portiere e poi ha fatto segnare i compagni? Quello che ho cercato di far capire è che si trattava di una persona per bene".