Il rosso e il blu, i colori della matita prediletta dagli insegnanti di ogni grado e generazione. Il rosso la condanna, il blu la salvezza. Il rosso e il blu è però anche il titolo del nuovo film di Giuseppe Piccioni, da venerdì nelle sale in 150 copie distribuito da Teodora e spazioCinema e prodotto da Bianca Film con Rai Cinema. Al centro della vicenda ovviamente l'ambiente scolastico con il suo carico di tensioni sociali, disagi psicologici, piccoli drammi, inaspettati successi. Luogo di crescita dove si incrociano esistenze già definite e destini ancora da scrivere. Ma il film, tratto dall'omonimo romanzo di Marco Lodoli, non è l'ennesimo ritratto di un'istituzione in crisi perenne, o almeno è quanto rivendica il regista: “Sento di aver prima di tutto fatto un'opera che esamina il modo di affrontare l'esistenza di ogni individuo, non vorrei che si finisse a parlare solo di scuola. Volevo soffermarmi sul senso della vita, riflettere su di essa. Il film ha un nucleo che trascende la scuola anche se questa è al centro del racconto. Non sono tagliato per i trattati sociologici, mi interessa l'umanità. Per questo vorrei sottrarmi al gioco di chi cercherà di capire fino a che punto sono stato critico. Le polemiche non fanno bene. Penso a Bellocchio, il clamore intorno al suo Bella addormentata non ha giovato alla formulazione di giudizi sereni. Invece si deve parlare dell'oggetto. Il rosso e il blu riguarda un incrocio di destini, è una luce accesa su alcune persone, sui loro desideri e disillusioni".
Nonostante la presa di distanza, Piccioni sa però di non poter negare l'evidenza, cioè che gran parte del film si svolge proprio dentro le aule di un liceo, nella realtà la scuola media romana "Alessandro Manzoni" a Monteverde. "Da tempo la scuola mi attrae in quanto microcosmo - spiega -, così quando la produttrice Donatella Botti mi ha suggerito di leggere il libro di Lodoli ho capito che non era il solito resoconto dell'insegnante scrittore. Conteneva invece profonde verità perché per Lodoli insegnare è ancora fondamentale, gli permette di indagare quella ferita che è l'adolescenza. Così essendomi concentrato sulla natura intima dei personaggi, non ho avuto bisogno di descrivere una scuola allo sbando. Anzi, la mia è la quintessenza della normalità con tutti i pregi e i difetti del caso".
E a proposito dei protagonisti, Il rosso e il blu è un campionario di varia umanità. Uomini e donne, ragazze e ragazzi anch'essi campioni di normalità. A spiegare le personalità, è di nuovo Piccioni: "Il vecchio insegnante Fiorito è la personificazione della disillusione; la preside vuole tenere le cose in ordine per non perdere mai il controllo, anche delle emozioni; il supplente trentenne è uno spirito ancora carico di sogni, convinto di poter cambiare il mondo. Sono simboli di vite che riguardano tutti, persi come siamo tutti costantemente tra illusione e disillusione". Tra insufficienze e sufficienze si muovono dunque insegnanti e studenti a rappresentare un universo ben più ampio di quello meramente scolastico. A dare corpo al coro di protagonisti, volti noti accanto a giovani promesse: Margherita Buy nei panni della preside, Roberto Herlitzka in quelli del professore avanti con gli anni, Riccardo Scamarcio il volenteroso supplente, Davide Giordano, lanciato da Qualunquemente, un ragazzo abbandonato a se stesso in cerca di affetto, Silvia d'Amico la studentessa bella e apparentemente senza cervello in realtà ferita dalla vita. Accanto a loro, veri studenti scelti in diversi licei dalla periferia al centro e poi messi insieme per comporre la classe ideale. Facce acerbe che non sfigurano accanto ai professionisti, ma è soprattutto di questi ultimi che Piccioni è entusiasta: "Mi hanno sorpreso tutti. Ogni giorno assistevo meravigliato ai loro corpo a corpo. Roberto ci ha regalato momenti di improvvisazione da lasciare senza fiato. Margherita ha tirato fuori il meglio di sé anche nei momenti di massima stanchezza, a fine giornata. Riccardo non si è mai sottratto agli scontri con un attore totalizzante come Herlitzka".
Per tutti loro un'esperienza positiva e un'occasione per riflettere su quanto scuola e insegnamento siano cambiati. Per Scamarcio l'istituzione è esautorata, colpa anche della crisi. "Chi ci governa - afferma - non capisce che è da là che si deve ripartire. La rete ci fa pensare che tutti possiamo fare tutto perché trovare informazioni e soluzioni è facile, quindi gli insegnanti non contano più. C'è una colpevole sottrazione di ruoli". Una considerazione ripresa da Herlitzka: "Su internet si trova tutto senza lo sforzo di cercare mentre il bello è proprio scovare le risposte sui libri. Ma più di tutto mi sembra cambiata la disciplina. Ai miei tempi, quelli dei Borboni o giù di lì, ci doveva essere sennò erano guai. Ora non so, temo che la disciplina conti poco e quindi in qualche modo i ragazzi sono autorizzati a non studiare. Questo fa sì che non si accorgano di quanto sia bello ". Per Margherita Buy invece, "il rapporto insegnanti e allievi è sempre lo stesso, poca voglia di andare a scuola da parte dei ragazzi, ancor meno capacità di attrarre verso lo studio dall'altra. Ieri come oggi però spiccano a sorpresa grandi figure di insegnanti che ti porti dietro per tutta la vita, quelle che ti aiutano a crescere. Certo, il momento per tutti non è facile, la scuola non è al centro dei pensieri dei politici. Segnali come gli stipendi bassi sono colpevoli segni di scarsa attenzione".