Voleva fare questo film a tutti i costi, Sophia Loren. La diva italiana più conosciuta e amata nel mondo torna da protagonista con La vita davanti a sé, adattamento del romanzo di Romain Gary diretto da suo figlio Edoardo Ponti, disponibile dal 13 novembre su Netflix.

“Edoardo – rivela l’attrice – è arrivato con una storia che già conoscevo e che mi ha intenerito moltissimo. Ho voluto riprendere il cinema perché ne valeva la pena: è una storia troppo importante per me”. Una rentrée a sette anni del mediometraggio Voce umana (sempre per la regia del figlio) e a undici dal cammeo in Nine: “Avevo bisogno di riposare, di silenzio, di stare con i miei figli e vederli crescere. Fare la vita di una signora che si è fermata dopo aver lavorato tanto. Poi finalmente è arrivato questo film e ho fatto finta di dimenticare che per tanti anni non ho recitato”.

Loren interpreta Madame Rosa, un’anziana ebrea ed ex prostituta che per sopravvivere negli ultimi anni della sua vita ospita nel suo piccolo appartamento una sorta di asilo per bambini in difficoltà. Come il personaggio, anche lei ha vissuto un’infanzia difficile: “Ci sono cose che non si dimenticheranno mai, restano sempre presenti. Sono esperienze che hanno influito nella mia recitazione, fare cinema e incontrare personaggi che mi ricordano gli anni della guerra e tante cose di quel periodo”.

Storia dell’incontro tra Madame Rosa e il piccolo Momò, dodicenne turbolento dodicenne di strada di origini senegalesi, secondo l’attrice La vita davanti a sé porta un messaggio di tolleranza, perdono, amore. “Tutti abbiamo il diritto di essere visti e ascoltati – dice Loren – altrimenti è impossibile vivere. Abbiamo il diritto di essere amati, abbiamo il diritto che i nostri sogni si realizzino”.

La vita davanti a sé - credits: Regine de Lazzaris aka Greta
La vita davanti a sé - credits: Regine de Lazzaris aka Greta
La vita davanti a sé - credits: Regine de Lazzaris aka Greta
La vita davanti a sé - credits: Regine de Lazzaris aka Greta

“Madame Rosa – continua – mi ricorda mia madre. Era una donna che parlava molto, che si faceva sentire, un’artista che suonava il pianoforte e faceva cose belle grazie al suo talento. Nel film c’è una frase che mia madre diceva quando era giù di morale: ‘è quando non ci credi più che succedono le cose belle’”.

“L’adattamento è stato difficile – spiega Ponti, che ha anche scritto il film con Ugo Chiti – come capita con tutti i libri molto belli, dei quali non si vorrebbe sacrificare niente. Ci siamo concentrati sul cuore del romanzo: la storia d’amore e d’amicizia tra due figure apparentemente lontane ma in realtà molto simili”.

Dall’originale ambientazione nel quartiere parigino di Belleville, si passa a Bari. “Un crocevia di tante etnie – continua il regista –, un mosaico di religioni e culture. Cercavamo una città che fosse esteticamente calda, umana, con grandi luci e grandi colori, che desse l’idea della vitalità di personaggi che vivono pienamente”. E aggiunge la madre: “Il silenzio, il tempo, il mare, la spiaggia… Bari è come Napoli, che è sempre nel mio cuore”.

La vita davanti a sé è la terza collaborazione tra mamma e figlio. “Non trovo parole per descrivere il legame che abbiamo – rivela Ponti, visibilmente commosso – e la fiducia reciproca , la forza che ci diamo a vicenda per raccontare una storia così”. E per Sophia? “Ero molto felice per il meraviglioso personaggio e ancor di più perché Edoardo poteva fare un film bellissimo. La scena del terrazzo è stata molto difficile, c’era cattivo tempo e mio figlio mi diceva di non battere le ciglia: ero tutta bagnata! Ma quando mio figlio parla per me dice solo cose fantastiche, quindi ho accettato tutto”. E proprio a proposito di quel momento così emozionante, Ponti rivela, con la sorpresa della Loren: “Per me era un omaggio a Una giornata particolare, il mio film preferito con mamma”.

Emozionato Carlo Degli Esposti, fondatore e presidente di Palomar: “Abbiamo avuto molta facilità ad aderire al progetto. Siamo orgogliosissimi del risultato. Edoardo è riuscito a tenere la cifra del grande romanzo alle spalle con equilibrio, solidità, potenza. Ha realizzato un film di grandi emozioni. È l’unico film in cui non sono mai andato sul set: Sophia è una tale icona di quello che considero cinema che avevo paura che le mie emozioni potessero influire negativamente sul lavoro sul set. Covid permettendo vorrei inginocchiarmi di fronte a lei”.

Ibrahima Gueye e Sophia Loren - credits: Regine de Lazzaris aka Greta

Al contrario, Nicola Serra (direttore generale Palomar) non si è fatto sfuggire l’occasione: “Sono andato sul set più volte possibili. La parola fondamentale è fiducia: quella di Edoardo che ha messo il racconto nelle nostre mani, quella degli investitori americani, quella che ci ha dato Sophia con la sua presenza e la sua professionalità. È un film che va avanti con le braccia aperte”.

Per Abril Zamora, che interpreta Lola, “Lavorare con un mito come Sophia è stato un enorme privilegio. Sembra un’attrice agli inizi, con tutti i dubbi e le incertezze, una compagna di set fantastica che rimane sempre nei controcampi, la prima ad arrivare e l’ultima ad andare via”. Debutto esaltante per il quindicenne Ibrahima Gueye: “Ho imparato tantissime cose da Sophia e abbiamo anche giocato”. Contento della sua prova il regista: “Sempre in scena, ha sopportato il peso del film con serietà, passione e impegno”.

Sophia concede qualche ricordo (“Luchino Visconti mi propose di fare la monaca di Monza: un personaggio che amavo moltissimo, peccato non aver potuto”), rivendica le origini (“Essere napoletana è stata la mia fortuna”), omaggia il maestro Vittorio De Sica (“Una scuola meravigliosa”). Preoccupata per il presente (“Ho paura di tutto”), dice la sua sulla chiusura delle sale: “Il cinema e il teatro sono rifugi per capirci meglio. La nostra salute è importante ma conta anche la salute emotiva. Cerchiamo sempre una bella storia che ci rincuori”. Negli States si parla di Oscar (ne ha già vinti due), ma mette le mani avanti: “Il mio Oscar è aver lavorato su questo film”. Eppure l’idea non le dispiace...