Una rocambolesca trasferta al Festival di Cannes, condita di gag esilaranti e improbabili personaggi. A 10 anni dalla sua ultima incursione sul grande schermo, Mr. Bean torna in grande stile con un omaggio al cinema e a Jacques Tati: "Da lui una lezione importantissima - dice a Roma un travolgente Rowan Atkinson -. Mi ha insegnato che il cuore della comicità non è nella velocità. Si può essere divertenti e far ridere anche con tempi più lenti e dilatati. Quando l'ho scoperto a 17 anni è stata una vera e propria epifania". Nelle sale con 250 copie dal prossimo 6 aprile, il film che riporta a Roma il comico inglese è Mr. Bean's Holiday: "Un titolo volto a sottolineare che non si tratta di un sequel. Dal precedente 'L'ultima catastrofe' è passato tanto tempo, che se lo avessimo chiamato Mr. Bean 2, la gente si sarebbe chiesta: 'Ma qual era il primo?'. All'inizio avrebbe anzi dovuto chiamarsi Mr. e Mrs. Bean: una commedia romantica col lieto fine, che si sarebbe conclusa col suo matrimonio. Immaginarlo in una situazione di coppia, con potenziali implicazioni sessuali mi creava però un certo disagio...".
Disponibile e loquace, Rowan Atkinson si concede alla stampa in una lussuosa villa del quartiere Parioli. In gessato grigio e camicia bianca aperta sul petto, parla con affetto e divertimento del suo Mr. Bean: "E' un bambinone di 10 anni che non ha alcuna consapevolezza politica, sociale e intellettuale. La sua forza è proprio questa: una vis comica priva di luogo e di tempo, che gli consente di collocarsi dagli anni '50 al 2020 senza mai essere fuori posto. Più che politicamente, direi che è socialmente scorretto". La scelta di ambientare il film in Francia è stata quasi casuale e dettata da motivi pratici: "Il primo giorno di prove avevamo soltanto la frase che dà il titolo al film: 'Mr. Bean va in vacanza'. Da lì siamo partiti a sviluppare la sceneggiatura, chiedendoci chi avrebbe incontrato, cosa gli sarebbe accaduto, dove sarebbe finito. L'unico prerequisito era che andasse in un paese straniero, di cui non conosceva la lingua. Un elemento che lo avrebbe costretto a parlare ancora meno di quanto fatto in passato e da cui si sarebbe poi sviluppata tutta la comicità". Che si tratti di Roma o Parigi, spiega infatti Atkinson, l'elemento scatenante è il confronto con situazioni e culture diverse.
Contrariamente a quanto si possa pensare, la comicità di Mr. Bean non è però affatto imperniata sull'improvvisazione: "Ce n'è tanta durante le prove, ma al momento delle riprese ne rimane ben poca. Una delle sue principali caratteristiche è anzi proprio il fatto che, a differenza degli altri film, prove e sceneggiatura avvengono contemporaneamente. Non ho mai avuto l'ambizione di essere uno scrittore, ma in quanto massimo esperto di Mr. Bean ho partecipato anche alla sceneggiatura. Partendo dallo spunto iniziale, il mio contributo è stato principalmente quello di suggerire quali situazioni avrebbero potuto funzionare o meno per il personaggio". Suo punto di forza, ribadisce, è una comicità fisica che si distingue però da quella dei muti Hollywoodiani: "A parte Chaplin e Stanlio e Ollio non avevo una grande conoscenza di questi film. Come Buster Keaton, che ho praticamente scoperto durante le prove, loro sono però più acrobatici. Tati è invece sempre stato un riferimento molto importante. Non vorrei però essere scambiato per una sua copia: Mr. Bean è più vendicativo, aggressivo. Un egoista che vuole sempre stare al centro dell'attenzione".
Con affetto e un pizzico di amarezza, Atkinson ribadisce poi che questo film potrebbe segnare l'addio a Mr. Bean: "Mai dire mai - mette le mani avanti -. Ritengo però abbastanza improbabile tornare a vestire i suoi panni. E non perché non mi ci senta a mio agio. Anzi. Riesco a indossarli e sfilarmeli con grande naturalezza e non mi sento affatto schiacciato dal personaggio". Il problema risiede piuttosto nella fisicità del ruolo e della comicità che lo contraddistingue: "Già ora, a dieci anni di distanza dal film precedente, è stato tutt'altro che semplice. Temo quindi che più andrò avanti, più risulterà pesante e difficile. Non avere la forza per interpretarlo a dovere, significherebbe fare un torto proprio a Mr. Bean".