Per interpretare il musicista Loris Vanni ne I più grandi di tutti Alessandro Roja ha imparato a suonare la batteria, è ingrassato un bel po' di chili e si è persino cimentato con il livornese. Una bella sfida per un attore che dopo l'improvviso successo regalatogli dalla serie Romanzo criminale ha deciso di non adagiarsi sugli allori e preferito percorrere strade meno scontate. Pur coccolato da registi e produttori, si è concesso il lusso di provarsi con esperienze che lo facessero crescere e lo aiutassero a liberarsi dei panni del criminale Dandi. Sono venute così le parti da protagonista nel film indipendente L'erede e nel tv movie L'Olimpiade nascosta ancora inedito, accanto a ruoli di contorno in Magnifica presenza e Diaz, scelte che molto raccontano della sua voglia di sperimentare.
Sia sincero, qualcuno si è meravigliato di non vederla approfittare del momento magico?
Per fortuna nessuno. Chi mi sta accanto sa perfettamente quanto per me sia importante migliorare. Non c'è voluto molto del resto, ho semplicemente seguito l'istinto. Sono una persona curiosa e le novità rappresentano una continua prova per diventare passo dopo passo l'attore che aspiro a essere.
Progetti rifiutati?
Molti, e in verità poco stimolanti. Dopo Romanzo criminale mi hanno offerto parti che si somigliavano tutte, sinceramente non me la sono sentita di legarmi per sempre alla figura del dannato anche se accettarle avrebbe portato dei vantaggi immediati. Per natura ho bisogno di sentire che sto andando dalla parte giusta, anche se questo può voler dire fermarsi e riflettere.
E' lo stesso motivo per cui ha accettato di interpretare dei ruoli secondari nel film di Vicari e Ozpetek?
La mia presenza nei due film nasce su basi diverse eppure ugualmente importanti. Diaz è un puzzle in cui ogni tassello è essenziale, la mia vanità di attore non ne è stata intaccata al contrario ridimensionata in un senso profondamente positivo. Vicari sul set mi ha detto una cosa fondamentale, cioè di non preoccuparmi di quanto piccola fosse la parte ma di impegnarmi a impressionare la pellicola con quello che avevo a disposizione. Una vera lezione. Ogni ruolo è nelle tue mani, ed è così. Nel film sono un poliziotto invasato, un atomo di una storia che rappresenta il caos ma senza quell'atomo imploderebbe tutto il resto. A Ozpetek invece ho detto sì quando il cast era già chiuso. Ci siamo conosciuti per caso e lui senza pensarci troppo ha immaginato questo strano personaggio che attraversa il film come uno spettatore. Mi piaceva l'idea di viaggiare con leggerezza dentro il cinema di Ozpetek, dopo tutto questo lavoro è anche divertimento.
Anche la lavorazione di I più grandi di tutti sarà stata meno impegnativa di quella di Diaz.
Sul piano psicologico sì, ma non meno faticosa. Il mio personaggio, Loris, è un batterista e io non mi ero mai avvicinato a una batteria. Mi sono messo a studiare coadiuvato da Rolando Cappanera, un'occasione che non potevo lasciarmi sfuggire. Il film mi ha messo alla prova sotto tanti altri aspetti, compreso che non ho tagliato i capelli e la barba per mesi. Sono questi però i ruoli che fanno la differenza in un percorso di crescita.
Dramma o commedia, per quale genere si sente più portato?
Mi piacciono tutti e due. A farmi decidere però è sempre e solo una cosa, la qualità della storia.
Sta per tornare in televisione con il tv-movie L'Olimpiade nascosta.
E' un ruolo ancora una volta diverso, interpreto la parte di un pugile. Come ho detto non mi piace fossilizzarmi, la televisione è diversa dal cinema ma questo non vuol dire che stimoli di meno un attore. Per me recitare è una sola unica cosa. Sarà la passione, ma non capisco le distinzioni tra cinema, teatro e televisione.
All'interno della rassegna teatrale Trend ha appena portato in scena Misterman di Enda Walsh ottenendo critiche molto positive, uno stimolo a continuare?
Amo il teatro. Ho frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia, eppure durante gli anni della scuola da spettatore ho battuto più il teatro che il cinema. Il lavoro di Walsh è stato quasi una lotta con me stesso perché è un lungo monologo, duro, complesso, anche fisicamente gravoso. Spero di poterlo portare in giro per l'Italia. Ma non ho intenzione di dedicarmi esclusivamente al teatro, vorrei continuare a muovermi da un mezzo e l'altro come sto facendo senza ansie e preclusioni, andando a caccia di ruoli che mi facciano innamorare. Al momento mi dedico alla promozione dei film in uscita e mi guardo intorno paziente. E per il semplice fatto di poterlo fare sono già un privilegiato.