“Mi hanno chiesto tante volte di scrivere un libro sulla mia vita” dichiara Antonio Spoletini, dei fratelli Spoletini, storiche comparse del cinema italiano dagli anni ’40 a oggi. “Sono sempre stato restio, ho aspettato la persona giusta e Simone Amendola era questa persona”

Il documentario di Simone Amendola, per l’appunto, attorno alla figura di Antonio Spoletini, Nessun nome nei titoli di coda, è in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Un film ambizioso che punta a ribaltare, per una volta, il punto di vista tra pubblico e comparse. “Un progetto come questo” aggiunge Antonio, “o si faceva per bene o non si faceva per niente”.

“Tra le comparse scorre una grande linfa narrativa” spiega il regista, “e in tutti i miei lavori mi piace tirare fuori questa linfa”. Prosegue: “Quando ho avuto l’occasione di conoscere Antonio, l’ho colta subito. Ma è stato un lento avvicinamento, dovevamo capire che tipo di film fare. Lo scopo era uno: raccontare da dentro valori sotterranei, senza essere descrittivi o didascalici. Dal pubblico, fino al privato di un uomo che vuole essere ricordato, la dimensione universale di una comparsa”.

“Faccio prima a dire con chi non ho lavorato” commenta ironico Antonio Spoletini, “Ho aiutato Fellini, Pasolini, Visconti, fino ai lavori di oggi quali l’ultimo 007, Catch 22 e tanti altri ancora. Mi piacerebbe che rimanesse questa testimonianza per i miei nipoti, dopo più di 70 anni di lavoro”.

“Da una parte, la sua è una storia ufficiale” replica Amendola, “chiama registi e attori storici per nome. Ma per altri versi non lo è, perché non compare nei titoli di coda. Nessun nome nei titoli di coda vuole far uscire questa storia e fissarla, valorizzarla”.

E il regista, ancora: “Antonio Spoletini viene da un cinema passato, ha vissuto un passaggio che noi non abbiamo visto, da un mondo in cui la dimensione intellettuale e collettiva era più sentita”.

“Quando Anthony Hopkins, sul set di The Two Popes, ha saputo che ho lavorato con Fellini, ha voluto fare un selfie! D’altronde, oggi è molto più difficile fare i lavori del cinema”. Da qui, la riflessione di Spoletini: “L’ambiente è cambiato su tutti i livelli, dagli attori alle comparse ai produttori. Per realizzare un sogno bisogna crederci sempre, come Marcello Fonte: l'ho incontrato sul set di Gangs of the New York, tra più di mille comparse, e perseverando oggi ce l’ha fatta. Ma ai miei tempi miei il cinema era la seconda industria italiana, con più di 400.000 persone coinvolte nella produzione”.

La riflessione, per un attimo, si fa ricordo, malinconico persino. Un desiderio: “Mi piacerebbe tornare a fare film sulla storia romana, o i western di Sergio Leone”.