"Nella cultura del consumo globale non c'è più spazio per la sofferenza, il dolore e la morte: la testimonianza del Papa è di segno opposto." Così il regista polacco Krzysztof Zanussi esprime la sua commossa partecipazione all'agonia del connazionale Karol Wojtyla. "Oggi non ci sono più vecchi re e i politici si ritirano prima dell'anzianità: non c'è più comprensione per l'età avanzata, che nel corso dei secoli è sempre stata collegata alla saggezza. Per gli ortodossi questo è ancora vero, mentre la Chiesa di Roma ha un po' accantonato questo legame".
"La sofferenza del Santo Padre - prosegue Zanussi - ricorda a tutti noi che siamo mortali e che non possiamo chiudere gli occhi per esorcizzare la morte. Il suo esempio ha una grande forza educativa: il Pontefice non nasconde i propri tormenti a differenza di quanto avviene nella società contemporanea. Karol testimonia che il dolore non è un segno del castigo divino, ma è riconducibile a un piano segreto nutrito di Mistero". Zanussi nel 1982 con Da un paese lontano ha raccontato la vita di Papa Wojtyla dalla sua nascita fino all'ascesa al soglio pontificio sullo sfondo della storia polacca: "Mi sono accostato alla figura di Karol in modo discreto, senza interpolazioni: non volevo cadere né nella critica né nell'agiografia. Ho inteso il Santo Padre quale testimone privilegiato e partecipato della sorte collettiva del popolo polacco, per lo più sconosciuta in Occidente". Il regista polacco non vuole esprimersi sul rapporto di profondo affetto che lo lega a Wojtyla, ma ribadisce: "Da qualsiasi prospettiva lo si consideri, Giovanni Paolo II è una figura fondamentale per il cristianesimo. Con lui la Chiesa ha cambiato il proprio rapporto con i mass-media: le comunicazioni sociali per questo Papa sono sempre state un dono, da custodire e conservare nel rispetto. Non casualmente, dopo il secondo ricovero al Gemelli, ha voluto ringraziare i giornalisti per l'attenzione e l'affetto che gli hanno dimostrato".