Dalla Cina a Venezia. E' il viaggio al contrario del Marco Polo dei cristiani, Matteo Ricci, il frate gesuita che evangelizzò la Cina verso la fine del sedicesimo secolo. Oggi quella figura e la sua straordinaria avventura sono approdate al Lido, dove si è svolto, organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, la presentazione e la proiezione del docufilm Matteo Ricci un gesuita nel regno del drago. Sono intervenuti tra gli altri il Patriarca di Venezia Angelo Scola, il Vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia Claudio Giuliodori, il regista Gjon Kolndrekaj, il consigliere culturale dell'Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese in Italia, il Presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca, e Dario Edoardo Viganò, Presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo. E' stato proprio Viganò a introdurre il film e a ricordare Ricci, a 400 anni dalla morte. Claudio Giuliodori ha lamentato la scorsa conoscenza in Italia del frate che in Cina, invece, suscita ancora oggi grande ammirazione. Un uomo che, studiando approfonditamente la cultura locale, è riuscito ad entrare nel Celeste Impero dopo molti tentativi falliti da altri viaggiatori. Il Monsignore ha ricordato la conoscenza di Matteo Ricci dei racconti di Marco Polo, racconti poi aggiornati e corretti grazie agli approfondimenti del gesuita missionario. Egli ha aperto due mondi attraverso lo studio della cultura e della lingua locale vincendo la diffidenza e la chiusura di quel paese. Grazie alle sue profonde conoscenze in quasi ogni campo dello scibile umano, è stato il primo occidentale ad essere introdotto alla corte imperiale, ma è stata soprattutto il suo modello missionario basato sulla comprensione e l'amicizia tra popoli anche molto diversi ad avere fatto di Matteo Ricci un esempio unico. Il Presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca ha orgogliosamente citato Ricci come uno dei figli più importanti della regione, oggi portato come esempio di tutto il mondo adriatico proiettato verso l'Oriente. Ha ricordato le mostre che si terranno a Pechino, Shangai, Nanchino e Macao e ha auspicato la più ampia diffusione possibile del docufilm. Dell'importanza dell'integrazione e della tolleranza come speranza per il futuro ha trattato anche il Consigliere culturale dell'Ambasciata cinese, Zhang Jianda, ponendo l'accento sulla necessità di guardare avanti senza però dimenticare il passato e la storia. Il regista Gjon Kolndrekaj ha tratteggiato un Matteo Ricci come grande comunicatore per entrare nel cuore della Cina e dei cinesi ed operare quell'innesto tra cristianesimo e confucianesimo frutto del suo grande lavoro di sintesi culturale, esaltandone la decisa modernità. Un ringraziamento particolare lo ha dedicato al Governo Cinese per l'organizzazione ed ha auspicato che personaggi come Matteo Ricci possano divulgare la grandezza dell'Italia. Il Patriarca di Venezia Angelo Scola si è soffermato sul concetto di amicizia solidale per comprendere l'importante tema dell'inculturazione operata da Ricci, poliedrico uomo di fede quanto di scienza. Ha parlato della sua attitudine alla condivisione amicale e della sua tensione verso il bene inteso anche come buone relazioni, grazie al cristianesimo ma anche al miglior pensiero filosofico occidentale; il fatto che il reale sia intelligibile e l'uomo capace di ospitare tale realtà si può considerare, secondo il Patriarca di Venezia, come il cuore delle convinzioni di Ricci. Una humanitas comune a tutti gli uomini, un “genus humanus” (Gionanni Paolo II) non può far altro che esaltare le differenze tra le persone e i popoli, i quali vivono comunque sotto lo stesso cielo con una comune grammatica. Un pensiero, ha concluso il Card. Angelo Scola, è proprio ciò che ha spinto e mosso il missionario Matteo Ricci.