"Ringrazio Marco Müller per avermi conferito un premio speciale, ma lo ringrazio soprattutto per avermi costretto a rivedere i miei vecchi film". Così Bernardo Bertolucci, che riceverà oggi il Leone d'Oro del 75˚. "Non vedevo La via del petrolio dal '66, ero ansioso e preoccupato di rivedermi, di ritrovarmi così pieno di un'energia incontrollata". Il regista, visto oggi non in splendida forma, ripercorre quasi malinconicamente la sua carriera: "Nelle mie prime opere, di quando avevo venti o trent'anni, ho ritrovato i semi di quella tentazione verso l'epicità cui poi ho dato libero sfogo in film successivi come Novecento o L'ultimo Imperatore". L'autore ha ricordato la prima esperienza su un set come aiuto regista al fianco di uno dei suoi due "padri putativi": "Pier Paolo Pasolini mi conobbe casualmente e mi propose di aiutarlo per il suo primo film, Accattone. Da subito mi colpì la sua curiosità per i nuovi linguaggi, il modo in cui prendeva in mano dei materiali e li trasformava in cinema. Nella mia fantasia l'ho sempre contrapposto, messo quasi in competizione con il mio altro Grande Maestro Jean-Luc Godard. Lui ha cambiato la storia del cinema, e io inconsciamente l'ho sempre copiato, amato, rifiutato e amato di nuovo". Il ricordo è poi andato a quando Gian Luigi Rondi lo invitò ad essere Presidente della Giuria: "Non avevo nessuna intenzione di dire di sì a Rondi, ma poi incontrai Godard che proprio quell'anno avrebbe presentato Prénom Carmen al Festival. Mi chiese di partecipare e io non potei che accettare. Pretesi però che tutta la giuria fosse composta da registi". Il regista non parla dei tre film italiani In Concorso, che ammette di non aver visto, ma in qualche modo difende la categoria: "Venezia non è mai stata un terreno facile per gli italiani, non è una novità. Mi è capitato spesso di andarmene con l'amaro in bocca. E d'altra parte si parla di crisi da 45 anni... non scandalizziamoci e confidiamo nelle nuove leggi sul cinema".