"In Israele è andato molto male, quasi una catastrofe, mentre nel resto del mondo è stato un successo. Credo non sia difficile capire il perché: è un film di grande impatto emotivo, chi ha letto la sinossi - una donna palestinese contro lo Stato d'Israele - si è scoraggiato, ma chi l'ha visto, tra cui alcuni generali, ne è rimasto entusiasta".
Così il regista israeliano Eran Riklis, che porta al festival di Torino Il giardino di limoni, poi in cartellone al Tertio Millennio Film Fest e dal 12 dicembre in sala con Teodora Film. Protagonista è l'attrice palestinese Hiam Abbass, nei panni della vedova Salma Zidane, che in Cisgiordania si trova con un vicino di casa molto scomodo: il ministro della Difesa israeliano. Per ragioni di sicurezza, le viene intimato di abbattere il suo giardino di limoni: complice la solidarietà della moglie del ministro, Mira, e l'amore del suo giovane avvocato, porterà il caso davanti alla Corte Suprema di Israele. "Dopo La sposa siriana - dice Riklis - volevo fare un altro film con Hiam, un'interprete straordinaria, e tornare a parlare di Medio Oriente, ma prendendomi più rischi, stando più vicino a casa: quando ho letto un trafiletto su una palestinese che si era appellata alla Corte Suprema per il suo uliveto, avevo tutto per girare: una donna, degli alberi e una storia".
Il regista nega poi di aver ritratto gli uomini cattivi e le donne buone: "Il femminile costituisce l'accesso emotivo alla storia, ma uomini e donne sono tutti resi con molta umanità, senza bianco e nero", né che Il giardino di limoni, scritto da Riklis con la palestinese Suha Arraf "perché non conosco bene la situazione palestinese e tantomeno le donne...", debba considerarsi un'opera femminista: "Non credo che con una donna al potere in Israele il conflitto con i palestinesi sarebbe automaticamente risolto: del resto, vi ricordate la Thatcher? Nel film, il conflitto non è di genere, bensì tra persone sensibili e non sensibili: chi occupa le alte sfere dovrebbe considerare i dettagli, i particolari, e non solo visioni d'insieme che sono inevitabilmente sfocate".
Sul fatto che la possibilità per i palestinesi di appellarsi alla Corte suoni implicitamente benevola nei confronti di Israele, Riklis ribatte: "Era anche l'opinione del mio coproduttore francese: "Hai fatto uno splendido film filo-israeliano", mi disse subito dopo averlo visto. Personalmente, ritengo che pur essendo uno Stato democratico, Israele continui a occupare West Bank e Gaza. Inoltre, sarebbe bello che tutto si potesse risolvere in un'aula giudiziaria, ma come in tutto il mondo la pretesa d'imparzialità e giustizia dei giudici si scontra con le influenze esterne, a partire dalla politica".
Due scene con protagonisti dei militanti di Hamas e dei coloni eliminate perché "troppo didascaliche", Il giardino di limoni per Riklis "nasce dall'incontro tra la dimensione fiabesca e il realismo, ma il mio prossimo film sarà radicalmente diverso: porterò sullo schermo Il responsabile delle risorse umane di Abraham Yehoshua, ovvero il viaggio del cadavere di una donna russa da Gerusalemme alla Siberia".