Addio vecchio E.T. Arriva in Italia Io, robot, film fantascientifico liberamente ispirato al romanzo scritto da Isaac Asimov nel 1950 e interpretato da Will Smith, in uscita nelle sale italiane il 22 ottobre distribuito dalla 20th Century Fox. Realizzato con un budget di oltre 100 milioni di dollari (coperto in parte grazie  al cosiddetto "product placement" da U.S. Robotics, Converse, JVC e Audi, i cui marchi sono ampiamente disseminati per tutto il film), Io, robot racconta di un futuro non molto lontano (il 2035), in cui la Terra è popolata sia da uomini che da robot. Questi ultimi vivono in uno stato di completa sudditanza nei confronti degli esseri umani, per i quali svolgono ogni sorta di compito, e agiscono in base a quanto disposto da un codice denominato "Le Tre Leggi della Robotica": un robot non può nuocere a un essere umano e deve proteggerlo, ha l'obbligo di obbedire ai suoi ordini a meno che contrastino con la prima legge e ha il diritto di proteggere se stesso ma compatibilmente con la prima e la seconda legge. "Con le tradizionali tecniche di effetti speciali sarebbe impensabile realizzare Io, robot - dice Carlo Rambaldi, lo storico creatore di E.T., tre volte premio Oscar -. Senza computer graphic un film come questo costerebbe 40 volte di più, ma è anche vero che il lavoro viene rallentato molto, mentre per creare il personaggio del piccolo extraterrestre nell'82 lavorammo in otto e ci bastarono tre mesi di riprese". Il sistema utilizzato per creare molti dei robot che compaiono nel film è la stessa impiegata per il  Gollum di Il Signore degli Anelli. Ma al di là dell'aspetto propriamente tecnico, il film solleva anche importanti interrogativi. E' possibile ipotizzare un futuro in cui i robot siano in grado di sognare e provare sentimenti ed emozioni umane? "E soprattutto - si chiede Mario Tozzi, ricercatore del CNR - se i robot sono sempre più necessari, quale futuro ci attende se non potremo più farne a meno?". A questi interrogativi ha tentato di dare una risposta un pool di esperti di robotica e cibernetica nel corso di un dibattito che si è svolto subito dopo la proiezione. "Il film è molto vicino alla realtà per quel che riguarda il comportamento intelligente dei robot - spiega Guglielmo Tamburrini, docente di Epistemiologia all'Università di Pisa - che in alcuni casi sono già in grado di interagire e dialogare con gli uomini. Ma una cosa è applicare algoritmi, un'altra è disciplinate la coscienza, le emozioni e i sentimenti". "La coscienza robotica - chiarisce Gianmarco Veruggio, scienziato del CNR e presidente della Scuola di Robotica - si forma grazie alla capacità delle macchine di memorizzare determinate informazioni e reagire agli stimoli esterni, in altre parole d'imparare, ma c'è una grande differenza tra l'intelligenza umana e quella dei robot. Quest'ultima - prosegue - è di tipo funzionale, rivolta al raggiungimento di determinati obiettivi, e necessita dell'installazione di appositi programmi di automazione". Si richiama all'etica Daniela Cerqui, docente di antropologia sociale presso il Dipartimento di Cibernetica dell'Università Reading (Gran Bretagna) e studiosa delle relazioni fra tecnologie ed esseri umani: "Il film propone uno scenario plausibile, ma non serve chiedersi se il futuro sarà o meno come ci viene prospettato, quello che bisogna domandarsi è cosa vogliamo e dove vogliamo arrivare?''. Che è il fondamento della "roboetica", come spiega ancora Veruggio: "Le tre leggi di Asimov non bastano, gli scienziati devono tener conto anche dell'etica". La capacità di evoluzione dei robot viaggia a velocità impressionanti e "nel 2040  - fa sapere Tozzi - la capacità circuitale dei robot sarà confrontabile con quella neuronale degli uomini". Ma "ipotizzare che un computer diventi automaticamente un uomo è un'idiozia" assicura Veruggio.