“Il digitale è un'opportunità che può riaprire e ampliare il panorama del cinema italiano, riportando il pubblico in sala”. Così Dario E. Viganò, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, apre la tavola rotonda “D-Cinema: viaggio nel digitale” organizzata da FEdS in collaborazione con Anica e The Business Street. Tra i relatori Borrelli, Cicutto, Calopresti e Gerbino. L'incontro si svolge in un momento cruciale, cioè il “raggiungimento quota 50% (18.500 schermi) del digitale in Europa, tipping point previsto a cavallo tra 2011 e 2012”, puntualizza Elisabetta Brunella per MEDIA Salles. “L'Italia è tra i 6 maggiori mercati digitali in Europa con un incremento del 18% nella digitalizzazione nel primo semestre 2011, ma comunque lontana dal 61% della Germania”. Sovena, Cinecittà Luce, e Casini, Circuito Cinema, sostengono sia “la scarsità di contributi pubblici all'esercizio e alla produzione che non permette l'allineamento con gli standard europei”. Casini prosegue: “Lo scenario peggiora dato il tax credit che sembra incompatibile con i contributi europei. E il VPF (Virtual Print Feet, ndr), la via americana al digitale, non è il massimo data la frammentazione europea del comparto distribuzione e poi i contributi sono tutti post investimento”. Maccanico, Warner Bros Italia, e Tozzi, Presidente Anica, sono sulla stessa linea: per uscire da questo labirinto si deve “ricorrere a casi studio, vedi Kino e i miniplex urbani a Londra e ricercare l'origine del problema nell'iniziativa imprenditoriale”, ma soprattutto “ci sono peculiarità italiane che non possono essere ignorate, la struttura demografica e la distribuzione geografica dell'audience”. Paradossalmente “la minoranza delle masse giovanili ha fatto dei multiplex periferici i suoi templi mentre il pubblico adulto e urbano si confronta con le stesse strutture di dieci anni fa”.
Secondo un'ottica di sviluppo e pianificazione del territorio, “si deve investire in multiplex urbani, dove si possono sfruttare le concessions”. Per i centri minori invece, “una rete di sale comunali con offerta generalista, come in Francia”. Ma Tozzi avverte: “Le sale non sono panda che vanno protetti dall'estinzione, forse dovrebbero essere di meno per uscire dal guazzabuglio distributivo che penalizza tutto il cinema italiano” e per capirne le dimensioni basti sapere che il numero dei biglietti venduti (100 milioni) è invariato rispetto alla fine degli anni ‘90, mentre la quota mercato italiana è passata dal 10% al 40%. Maccanico sintetizza: “Serve logica di prospettiva, altrimenti il mondo del cinema continuerà a sopravvivere ma non a svilupparsi”.