Dopo il successo del documentario sui monaci certosini, Il grande silenzio, Philip Gröning girerà un film di fiction sul tempo e la filosofia, sull'amore e la sensualità dal titolo Mio fratello si chiama Roberto ed è un idiota. Ad annunciarlo è stato questa mattina il regista tedesco durante la "lezione di cinema" organizzata dall'Alba International Film Festival - Infinity. A Gröning la manifestazione diretta da Luciano Barisone, e in programma fino all'8 aprile, dedica una retrospettiva: in cartellone, oltre al Grande silenzio, anche Sommer (1988), sua opera d'esordio, Stachoviak! (1988), Die Terroristen! (1992), Opfer Zeugen, episodio di Neues Deutchland (1993), e L'amour, l'argent, l'amour (2000). "Il film lo sto ancora sceneggiando, ma conto di iniziare le riprese a maggio del prossimo anno" spiega il regista. La vicenda avrà per protagonisti due fratelli gemelli, un ragazzo e una ragazza di diciotto anni, e si svolgerà nell'arco di un weekend in campagna: nella stazione di servizio dei loro genitori i due giovani trascorreranno il sabato e la domenica a preparare un esame di filosofia. "In questo contesto - continua Gröning - avranno modo di dissertare di vari argomenti filosofici, tra i quali il tempo. Al centro di tutto ci sarà comunque il rapporto tra i due fratelli, che da una parte desiderano scappare da quella condizione di simbiosi ai quali li costringe l'essere gemelli, dall'altra sentono l'uno per l'altra una forte attrazione fisica, il che li porterà ad esplorare il confine e, allo stesso tempo, il modo di coniugare amore e sensualità".
Mio fratello si chiama Roberto... sarà prodotto, come Il grande silenzio, dalla produttrice svizzera Elda Guidinetti (anche lei ad Alba come giurata per il concorso), "ma grazie al Grande silenzio dovremmo riuscire a trovare ulteriori finanziamenti" dice il regista, reduce da una trasferta a New York dove ha presentato in anteprima il suo documentario. "C'era talmente tanta gente che siamo stati costretti a mandare via le persone per mancanza di posti nelle sale" racconta. L'idea di girare un film a Hollywood "non mi sembra affascinante - continua - e non credo neanche che ci riuscirei: non sono capace di scendere compromessi e questo è anche il motivo per cui finora ho realizzato così pochi film". Meglio rimanere in Europa "dove, diversamente da quello che dicono e pensano molti miei colleghi, trovare dei soldi per dirigere un film non è affatto difficile. C'è un sistema di sostegno a livello comunitario che funziona molto bene, il vero problema è riuscire a far vedere i film al pubblico, ancora fortemente influenzato dalla cinematografica Usa. I distributori europei sono meno forti di quelli americani, in grado di sincronizzare l'uscita dei loro prodotti a livello mondiale con un grosso risparmio nelle campagne promozionali. Forse una soluzione potrebbe essere quella di prendere esempio da Il grande silenzio: far parlare molto del film prima ancora che arrivi in sala, a quel punto la pressione degli spettatori sarà talmente forte da costringere i distributori ad attivarsi".