Se Rossella O'Hara fosse vissuta un secolo dopo, difficilmente avrebbe potuto pronunciare la proverbiale battuta. Quando nel 1940 i loop temporali fecero il loro ingresso nel mondo (nel racconto The Time-Wise Guy di Ralph Milne Farley), era abbastanza evidente che domani non sarebbe più stato un altro giorno. L'oggi avrebbe potuto essere identico al domani, e il domani ripetere, daccapo, l'oggi.
Da allora curve chiuse del tempo e déjà vu non passano mai di moda. Come gli ufo, i fantasmi e Maria De Filippi. La fisica li ammette, la fantascienza li postula, Hollywood ci sguazza. Ciclicamente, qualche sceneggiatore ne tira fuori uno.

Solo di recente troviamo un loop temporale in Source Code (2011) di Duncan Jones, in cui Jake Gyllenhaal indaga sull'attentato al treno che ha posto fine alla sua vita. Ed è addirittura un Looper il protagonista dell'omonimo sci-fi del 2012, in cui sicari del passato vengono assoldati nel futuro per eliminare potenziali minacce di domani.
Chiaro? Ovviamente no. Ma il fascino di queste operazioni poggia proprio sull'indeterminatezza della trama, la cui logica contorta serve a perdere lo spettatore dentro un labirinto d'ipotesi più che offrirgli un nuovo percorso di conoscenza.
D'altra parte, prospettare un ancoraggio scientifico a teorie che esistono solo nella mente dei fisici post-einsteiniani sarebbe compito assai ingrato. Avete mai provato a leggere qualcosa di serio su wormholes, ponti di Einstein-Rosen, gallerie gravitazionali e LQG (Loop Quantum Gravity)? Non fatelo, potrebbe venirvi il mal di testa.
Accontentatevi di sapere che i viaggi nel tempo sono teoricamente pensabili e praticamente impossibili (tenete a mente il celebre paradosso del nonno, per cui il viaggiatore del tempo incontra un suo antenato nel passato e lo uccide).

Il time loop è un caso assai particolare di viaggio nel tempo: uno stesso evento (una giornata, poche ore, brevi istanti) si ripete più e più volte disegnando una curva chiusa. Il fenomeno è anche noto come “marmotta” e dobbiamo l'appellativo al cinema: era il giorno della marmotta quello che Bill Murray continuava a rivivere in Ricomincio da capo di Harold Ramis (1993), capostipite dei film sul tema. Lì non veniva fornita alcuna spiegazione.
Proprio come in Edge of Tomorrow – senza domani, ultimo prototipo del filone (dal 29 maggio in sala con Warner).
Tratto da un romanzo illustrato giapponese (All You Need is Kill) e diretto da Doug Liman, il film racconta le peripezie di un funzionario dell'esercito, interpretato dall'immarcescibile Tom Cruise (lui sì un paradosso temporale vivente).
Senza alcuna esperienza sul fronte, l'uomo si ritrova catapultato in una guerra contro i ferocissimi mimic, una genìa aliena determinata a conquistare il pianeta. La missione è suicida: il funzionario viene ucciso quasi immediatamente, ma anziché morire finisce in un loop temporale, in cui è costretto a rivivere continuamente la sequenza di eventi che ne determineranno la dipartita. Il vantaggio è che morte dopo morte, accrescerà la propria competenza sul campo al punto da “prolungare” la sua sopravvivenza.
Lo sguardo in soggettiva, il guerrilla-style, il profluvio di effetti speciali e la struttura ripetitiva fanno somigliare questo film a un videogioco. Ogni volta che perdi – il game over - puoi ricominciare daccapo, provando a superare il livello precedente e avanzare.
Siamo al grado zero del racconto, a un cinema video- ludico che simula l'esperienza del giocatore senza altri camuffamenti. Mancano solo joystick e consolle, per il resto Edge of Tomorrow potrebbe essere scambiato per un arcade filmato.

Ammiccamenti a parte, sono importanti le ricadute simboliche: con il pretesto del time loop – ridotto a cornice narrativa e totalmente svuotato di significato - il film mette in scena allegoricamente se stesso e il sistema che l'ha prodotto, svelando la coazione a ripetere di personaggi, temi, forme e motivi con cui Hollywood alimenta oggi il proprio immaginario.
Da un lato essa è come l'Araba Fenice che muore per non morire mai.
Dall'altro è l'invenzione di Morel che promette agli adepti – gli spettatori - di partecipare in forma vicaria della sua natura immortale.
Con il suo ciclo ininterrotto di morti e resurrezioni, Edge of Tomorrow ambisce così a diventare l'avamposto ideologico della sua fede escapista: il rito è (video)gioco, l'eroe un aitante messia, la morte vinta, la fine un nuovo inizio.